Una lettera aperta dopo le esternazioni del ministro: "La politica investa adeguatamente per la promozione di politiche territoriali e sociali. Perché le persone con disturbo mentale e loro familiari non siano lasciati soli"
La Campagna per la salute mentale, Urasam Lombardia, Rete Utenti Lombardia, Alleanza italiana per le cooperative Lombardia, il Forum Terzo Settore Lombardia e LEDHA (Lega per i diritti delle persone con disabilità) hanno scritto una lettera aperta al ministro dell’Interno, Matteo Salvini che, in più di un’occasione è intervenuto sul tema della malattia mentale e sulle condizioni delle persone affette da problemi di salute mentale e loro familiari.
Le associazioni hanno accolto con favore alcune delle prese di posizione del ministro dell’Interno (ad esempio l’obiettivo annunciato di “curare chi è malato e garantire sanità d’eccellenza da Nord a Sud”). Tuttavia non mancano i passaggi critici. A partire dalla decisione di ignorare completamente i cambiamenti positivi introdotti dalla legge 180 e dalla definizione che Salvini ha dato dei manicomi: “luoghi di cura” la cui chiusura avrebbe causato “un’esplosione di aggressioni da parte di persone affette da disturbi mentali”. I manicomi, sottolineano i firmatari della lettera, erano invece “luoghi di negazioni della dignità, della salute, delle vite e dei diritti delle persone , luoghi in cui si consumavano veri crimini di pace, indegni di un Paese civile”.
Tuttavia, alla loro chiusura non è seguita una completa ed efficace implementazione delle politiche di presa in carico a livello territoriale delle persone con problemi di salute mentale. “È stata proprio la politica a essere assente, a non avere investito a sufficienza per rendere efficaci e operativi i servizi creati -si legge nella lettera-. Ed è perciò alla politica che ci rivolgiamo, perché finalmente si investa dovutamente con il ripristino degli organici e con la promozione di politiche territoriali e sociali in ambito Salute Mentale, affinché le persone con disturbo mentale e i loro familiari non siano lasciati soli, bensì siano sufficientemente accompagnati dai Servizi nei loro luoghi di vita per la migliore autonomia possibile nell’abitare, nel lavoro, nella relazione, nell’inclusione sociale".
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