Forum Terzo Settore Lombardia e LEDHA chiedono a Regione di eliminare il divieto di accesso alle strutture residenziali
La nuova ordinanza regionale (620/2020) vieta l’accesso di familiari e caregiver a RSA, RSD e comunità residenziali fino al 6 novembre per prevenire la diffusione del Covid-19. Le associazioni: “Provvedimento iniquo”
Il Forum Terzo Settore Lombardia e LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità chiedono a Regione Lombardia di rivedere la nuova ordinanza regionale (numero 620 del 16 ottobre 2020), che introduce ulteriori misure per la prevenzione e la gestione dell'emergenza Covid 19, nel passaggio in cui vieta l'accesso a familiari e caregiver a tutte le strutture residenziali. Il provvedimento entra in vigore oggi -sabato 17 ottobre- e resterà in vigore fino al 6 novembre 2020. Allungando di quasi venti giorni quanto previsto dalla precedente ordinanza (numero 619 del 15 ottobre), contenente le medesime prescrizioni.
Nell'ordinanza 620/2020 si precisa che l'accesso alle strutture delle unità di offerta residenziali della Rete territoriale (RSA, RSD e non solo) da parte di familiari/caregiver e conoscenti degli utenti "è vietata, salvo autorizzazione del responsabile medico ovvero del Referente Covid-19 della struttura stessa". L’accesso, puntualizza Regione Lombardia, è limitato “solo a situazioni particolari”, ad esempio "situazioni di fine vita”. Si tratta di un provvedimento molto più rigido rispetto al Decreto del presidente del Consiglio dei Ministri del 13 ottobre che, invece, ribadisce un limite (e non un divieto) nell'accesso a RSA, hospice, strutture riabilitative e residenziali per anziani non autosufficienti da parte di parenti e visitatori.
Gli effetti di questa ordinanza regionale si faranno sentire non solo sui servizi residenziali per le persone anziane (che già vedono, da lungo tempo, forti limitazioni nell’accesso da parte di familiari e caregiver) ma impone un divieto che si estende a tutte le altre persone che vivono all'interno di strutture residenziali: persone con disabilità, persone che vivono in strutture della psichiatria e delle dipendenze, fino ad arrivare alle comunità per minori. Paragonando e subordinando alle stesse regole realtà diverse tra loro: ad esempio una struttura che accoglie giovani con sofferenza mentale e una dove vivono anziani ultra-ottantenni con patologie plurime.
"Risulta evidente che tale provvedimento sia iniquo, oltre che poco comprensibile, soprattutto considerando che all'interno dell'intera ordinanza non si trova nessuna disposizione di tale tenore, ma solo rimandi a provvedimenti già in vigore", commentano Valeria Negrini, portavoce del Forum del Terzo Settore Lombardia, e Alessandro Manfredi, presidente di LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità. "Siamo consapevoli che in questo momento, la crescente diffusione dei contagi da Covid-19 rappresenti motivo di preoccupazione per tutti, a partire dalle autorità regionali: tuttavia non possiamo non evidenziare la sproporzione tra quello che viene chiesto alle persone che vivono nei servizi residenziali e il resto della cittadinanza".
Mentre una larga maggioranza di cittadini lombardi può continuare a svolgere le proprie attività quotidiane, rinunciando solo in maniera limitata ad alcuni interessi e attività ricreative, una persona che vive, ad esempio in una RSD è costretta a tornare a vivere in una situazione di isolamento totale. Senza poter incontrare i propri cari se non tramite una telefonata o un colloquio virtuale su una delle tante piattaforme digitali disponibili (ma a cui non tutti possono accedere).
Per questi motivi, il Forum Terzo Settore Lombardia e LEDHA chiedono a Regione Lombardia di rivedere questa ordinanza "al fine di garantire ai familiari e ai caregiver l'accesso alle strutture residenziali dove vivono i loro cari, prevedendo l'adozione delle stesse misure di sicurezza che vengono adottate per consentire l'ingresso agli operatori sociali e socio-sanitari che vi lavorano", sottolinea Alessandro Manfredi.
"Chiediamo inoltre a Regione Lombardia di permettere agli enti gestori, anche aprendo una interlocuzione con gli stessi su questo specifico tema, la possibilità di gestire con maggiore autonomia gli accessi e le uscite dalle strutture, in relazione alla tipologia delle stesse e alle caratteristiche delle persone che lì vivono", chiede Valeria Negrini.