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Persone con disabilità

A cura di Ledha

Archivio notizie

25/03/2023

Sono i luoghi "chiusi" ad alimentare la violenza ai danni delle persone con disabilità

Nel bresciano cinque operatori di una residenza sono indagati per maltrattamenti. Un episodio che per LEDHA dimostra quanto la violenza ai danni delle persone con disabilità sia diffusa nella nostra società e difficile da intercettare

Cinque operatori di una Residenza sanitaria per disabili (Rsd) di Brescia sono stati allontanati dalla struttura sanitaria e indagati per maltrattamenti ai danni di almeno nove persone ricoverate. Della vicenda si sono occupati diversi quotidiani locali che hanno ricostruito la vicenda alla luce degli atti dell’inchiesta condotta dai carabinieri dei Nas.

“L’inchiesta era nata dalla segnalazione partita dai vertici della stessa struttura pubblica e collegata agli spedali civili di Brescia -si legge sul quotidiano Avvenire- che avevano notato segni di lesioni su un ospite della struttura, una donna allettata che non aveva modo di farsi del male”.

Le cinque persone coinvolte (tutti operatori sociosanitari con molti anni di esperienza alle spalle, secondo quanto ricostruito dai media) sono state allontanate dalla struttura e per loro è scattato anche il divieto di allontanamento dalle presunte vittime (almeno nove) e alla stessa residenza.

I cinque indagati avrebbero agito “con crudeltà” -scrive invece il Corriere della Sera citando gli atti dell’inchiesta- e avrebbero percosso, minacciato e offeso in modo gratuito le persone ricoverate. Avrebbero inoltre “in modo consapevole e volontario”, omesso o ritardato “le cure doverose” e usato violenza “inutilmente e deliberatamente” nell’esercizio delle rispettive mansioni ai danni di persone deboli e indifese.

LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità auspica che il lavoro della magistratura possa concludersi il prima possibile per fare chiarezza su una vicenda inaccettabile “che dimostra quanto la violenza ai danni delle persone con disabilità sia ancora diffusa nella nostra società. Una violenza che si fatica a vedere, a riconoscere e soprattutto a intercettare”, denuncia l’associazione in una nota.

L’associazione evidenzia poi come ridurre episodi come questo a singoli casi, puntando il dito contro un ristretto numero di “mele marce” sarebbe sbagliato e invita a interrogarsi sulle dinamiche che stanno alla base di questi comportamenti “che possono interessare tanto le grandi residenze sanitarie, quanto i piccoli gruppi e persino le famiglie -si legge nella nota-. La violenza ai danni delle persone con disabilità non ha nulla a che vedere con i numeri. È piuttosto legata alla presenza o meno di relazioni sociali. Tanto più un servizio residenziale, un appartamento o una famiglia sono aperti e coinvolti da attività sociali di diverso tipo, tanto più aumenta la possibilità che eventuali episodi di violenza e abusi vengano identificati, denunciati e contrastati. Per contro è all’interno di residenze, appartamenti e famiglie ‘chiuse’ e isolate che questa violenza rischia di compiersi e di restare invisibile alla società esterna e a tutti coloro che possono intercettarla e agire per contrastarla”.

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