Figli con disabilità: risonanze da tutor
Siamo quasi alla fine:un invio di una mail del documento in word allo studio grafico perché lo metta in stampa. Poi ancora pochi gesti tecnici: un ultima rilettura delle bozze per vedere se ci sono tutte le virgole e le spaziature....e le parole di testimonianze ed esperienze per e di genitori di bimbi con disabilità si fermeranno nelle più di cento pagine del volumetto della seconda edizione di "Figli con disabilità" che sarà presentato la mattina di lunedì 27 nella Sala Affreschi della Provincia di Milano.
Si fermeranno, penso, solo per un attimo, le parole.
Dopo essersi mosse prima durante gli incontri, nel 2006, del sabato mattino di Usmate Velate, Trezzo e Milano, e poi, nel 2008, di Arcore, Vaprio e Milano, e a Rho, ed infine a Castano. In seguito scivolate dalle cassette o dai file audio ai testi sbobinati, e da lì approdate alle pagine del testo, attraverso gli occhiali di chi li ha lette e rilette per poterne conservare il più possibile il significato. Si fermeranno, le parole, forse solo quando i testi ancora caldi di stampa verranno consegnati in Provincia per la presentazione ufficiale, la mattina di quel lunedì 27.
Solo per un attimo.
Dopo le parole continueranno a muoversi, negli occhi e nel cuore di chi li leggerà, aprendo emozioni, riconoscendo esperienze, confermando dubbi e domande, conquistando apprendimenti.
Accompagnano queste parole in movimento altre mille e mille parole, che non sono state fotografate, ma sacrificate ai vincoli che sempre ci sono nella vita: il numero di pagine, il numero di battute. Quelle scritte parlano per quelle dette, ma non scritte e trascritte. E con loro, le parole scritte e dette, parlano le non parole. Le intensità, le emozioni, di qualsiasi segno esse siano state, di rabbia e gioia. Sono quelle che più dicono, a volte urlando, a volte sussurrando.
Per chi come me ha avuto l'occasione di vivere e partecipare, come tutor dell'edizione del 2008 di Figli con disabilità, il momento della redazione della pubblicazione è stato anche un modo per riincontrare tutti, collegare parole a nomi, visi, voci e toni di voci, emozioni, luoghi. Una possibilità per far risuonare dentro tintinnii, con eco che va al cuore e alla testa, lasciando in me segni e messaggi indelebili, penso. Un momento per raccogliere e vedersi rappresentati "pezzi" di buoni compagni di viaggio, compagni, seppur per poche ore, poche mail o pochi minuti al telefono.
"Il vero viaggio sono i viaggiatori" come dice Pessoa.
Un viaggio di tre giri, con tre fermate in ciascuno. Non una stazione identica all'altra. Mai un viaggiatore uguale all'altro, e ovunque e comunque conducenti e passeggeri mai lontani uno dall'altro. Non un paesaggio uguale, ma nello stesso territorio. Stessi colori, seppur con sfumature diverse. Gli stessi suoni, con toni diversi. Gli stessi sapori, con diversi retrogusti.
Ho sentito, dalle parole e dalle non parole dei genitori e di tutti i presenti, innanzi tutto il bisogno o il desiderio (il confine tra i due è davvero labile), più o meno consapevoli, di un luogo ed un tempo per esserci, per (ri)trovarsi, per sentirsi ascoltati ascoltando. Di identità e ri-conoscimento. Di con-versazione.. Versare con altri. Stravolgendo l'etimologia (versare in realtà deriva dal latino "vertere", che vuol dire "stare con"), versare è gesto che a me richiama intimità, trasparenza, semplicità, che mette insieme unità e comunità.
Un luogo ed un tempo di emozione, di ricerca di senso, di buona formulazione di domande e di ricostruzione di problemi, dove iniziare a riconoscere diritti in quei piccoli uomini, piccoli e uomini a prescindere dalla condizione di disabilità. Si entrava con domande e si usciva con domande, forse le stesse, ma non più sole, seppur la solitudine potrà accompagnare a volte la ricerca di possibili risposte. Domande saldate attorno alla percezione della necessità di fare cultura, di con-dividere significati e scoperte, prima ancora che progetti e azioni.
Luogo o tempo dei come, più che dei cosa.
O forse, più semplicemente - ma le cose semplici sono le più difficili, (si sa però che quando ci sono i bimbi le cose semplici accadono ancora ) un luogo e tempo dove avveniva il semplice ed autentico fatto che persone incontravano persone, evento oggi sempre più raro. Legami emotivi e invisibili saldati sulla percezione della necessità di fare rete, mettersi insieme. Per non sentirsi più soli, proprio come troviamo scritto nei volantini e depliant della Provincia di Milano che presenta il progetto "Figli con disabilità".
Insieme.
Ricordo, durante uno degli ultimi incontri, il sottofondo delle voci più o meno alte dei bimbi che giocavano nella sala vicino con educatori e volontari, mentre i grandi si confrontavano proprio sul tema della "famiglia di fronte alla disabilità". Come a dire del pensiero costante dentro testa e cuore di papà e mamma per il proprio piccolo, inalienabile, inconfondibile. Sempre vicino, anche quando non qui. Diversa normalità. Colonna sonora di una vita.
Ad un certo punto, un bimbo con sindrome di down, con una paciosa camminata è scappato per abbracciare forte il suo papà e per rimanere poi con noi, sedendosi orgoglioso accanto: come dire, fin da piccoli, "nulla su di noi, senza di noi".
Paolo Aliata - LEDHA