Processo ai Dirigenti Google: ammessa la costituzione di parte civile del Difensore Civico di Milano
In data 18 febbraio 2009, avanti al Giudice Monocratico della IV sezione penale del Tribunale di Milano, ha avuto inizio il processo contro quattro dirigenti di Google, il motore di ricerca più famoso del mondo, accusati di concorso in diffamazione e violazione della privacy.
L'azione legale è scaturita dalla diffusione a mezzo di Google Video, di un filmato di un episodio di violenza e maltrattamenti nei confronti di un minore con disabilità, il quale veniva insultato e vessato da quattro compagni di scuola in un istituto tecnico di Torino.
La famiglia del ragazzo maltrattato ha ritirato la querela, ma il processo è proseguito, dal momento che il Giudice ha accolto la costituzione di parte civile dell'associazione ViviDown e del Difensore Civico per il Comune di Milano: è stato applicato l'art. 36, comma 2, della Legge 104/1992 - legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone con disabilità - che legittima il Difensore Civico e l'associazione alla quale risulti iscritta la persona disabile o un suo familiare a costituirsi parte civile nei processi penali per i reati commessi contro le persone con disabilità.
Questa norma era praticamente disapplicata nel nostro ordinamento, ed è invece di fondamentale importanza la conoscenza dell'utilizzo dello strumento della costituzione di parte civile del Difensore civico nei procedimenti per i reati previsti dagli art 527 (atti osceni), 628 (rapina) e dagli artt 575 e ss. sino all'art 623 bis c.p.(delitti contro la persona) nonché dei reati sullo sfruttamento della prostituzione indicati nella Legge 75/1958, perché può essere un valido strumento di Tutela dei soggetti deboli.
La decisione di ammettere la costituzione di parte civile del Difensore civico è quindi molto importante sia perchè riconosce una funzione del Difensore civico poco nota e distinta da quella di garante dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, al quale si possono rivolgere i cittadini che si ritengono lesi da atti, comportamenti o omissioni di uffici pubblici, sia perché sottolinea il ruolo del Difensore Civico in quanto ente comunale come ente di tutela dei diritti dei cittadini.
Tornando al processo, all'udienza del 21 aprile i legali della multinazionale americana hanno presentato un'eccezione sulla presunta mancanza di giurisdizione da parte della Procura di Milano (città in cui ha sede Google Italia). Per loro il processo non avrebbe dovuto essere celebrato, in quanto di competenza della giustizia americana, o avrebbe dovuto essere celebrato a Torino, in quanto città in cui è avvenuto il fatto. Il Giudice ha tuttavia respinto tale eccezione.
Successivamente, in data 23 giugno 2009, a causa dell'assenza di un interprete per malattia, il Giudice ha rinviato l'udienza al 29 settembre 2009, domani appunto: all'inizio dell'udienza, il giudice aveva presentato alle parti la richiesta arrivata da diversi cronisti tra i quali anche corrispondenti stranieri, di poter assistere al processo. Gli avvocati degli imputati però si sono opposti e i cronisti sono così stati invitati ad uscire dall'aula. Il processo proseguirà quindi a porte chiuse: un'autogol secondo il Pubblico Ministero, per l'evidente non volontà di trasparenza da parte di esponenti di un'azienda che ha fatto della trasparenza e della condivisione delle informazioni il suo cavallo di battaglia.
La questione centrale del procedimento consiste nello stabilire se Google possa essere ritenuta oggettivamente responsabile per la trasmissione delle immagini e, qualora venga riconosciuta colpevole, quale sanzione debba pagare.
Pertanto, nonostante i precedenti giudiziali in Italia non costituiscano giurisprudenza vincolante, la decisione sembra destinata a costituire un importante punto di riferimento per l'individuazione di ciò che sia lecito o meno fare in Rete.
Non si vuole negare la libertà di espressione, introducendo la censura in internet, ma garantire e tutelare i diritti dei singoli, anche attraverso una più adeguata ed efficace regolamentazione della pubblicazione e diffusione di immagini e messaggi sul web.
Se la decisione del giudice dovesse accogliere le richieste del Difensore civico, gli imputati saranno condannati a versare un risarcimento in denaro che sarà utilizzato per la realizzazione di iniziative di sensibilizzazione a favore della piena effettività dei diritti delle persone con disabilità da realizzare soprattutto attraverso la rete web.
Nonostante il giudice abbia disposto che la prosecuzione del processo sia a porte chiuse, vi terremo aggiornati sull'andamento del processo.
Avv. Laura Abet, Servizio Legale Ledha
Avv. Giulia Grazioli