Alcune riflessioni in vista della programmazione dei Piani di Zona
Riflessioni a cura di Marco Faini, Comitato Tecnico Anffas Lombardia e Carla Torselli, Presidente uscente Anffas Lombardia rispetto alla DGR 2505 del 16.11.2011
PREMESSA
La delibera regionale indicata nel titolo era già circolata nel mese di luglio in bozza, ora èstata ufficialmente approvata dalla giunta con lievi modifiche rispetto alla prima stesura.
Nella premessa della parte dispositiva si legge che le indicazioni fornite dal Terzo Settore"hanno permesso di arricchire e integrare il documento".
In realtà le osservazioni inviate dopo la presentazione del documento al Tavolo del TerzoSettore ed agli altri tavoli istituzionali hanno inciso poco e la cosa ci invita a ripensare alrapporto tra Regione e Terzo Settore.
CONSIDERAZIONI
La prima considerazione attiene ai dati sulla composizione delle risorse a disposizione delsistema. Afferma la Regione che la quota preponderante delle risorse immesse nel sistemasociale e sociosanitario sono per il 64,4% detenute dalle famiglie, tramite le erogazionidall'INPS. In particolare modo l'INPS eroga oltre 4 miliardi di Euro in ambito sociale e oltre3 miliardi in ambito sociosanitario (7,157 Mld €, per l'esattezza). Occorre però ricordareche, come dice la stessa Regione, la spesa INPS in ambito sociale (pensioni e assegnisociali e integrazioni al minimo) poco o nulla riguarda le persone con disabilità, adifferenza della spesa sociosanitaria (invalidità civile, indennità di accompagnamento,inabilità e assegni di invalidità, rendite da infortunio sul lavoro1) che - solo in parte - è"goduta" dalle persone con disabilità.
In questi grandi numeri ci sono, ovviamente, tutte le condizioni di salute che dimostranosituazioni di non-autosufficienza e handicap, in gran parte rappresentate dalle personeanziane. Ricordiamo che a livello nazionale il dato dei percettori di indennitàdiaccompagnamento vede la presenza di 3 persone su 4 che hanno superato il 65° anno di età, e che tra questi quasi il 50% ha più di 80 anni (dati INPS-2010).
Perché la Regione sottolinea questi aspetti? Evidenziare il fatto che solo il 6,5% dellerisorse oggi circolanti in Lombardia è gestita dai PdZ, e che, come già detto, oltre il 64% è detenuta dalle famiglie crediamo serva per dimostrare la correttezza di quella checonsideriamo la vera riforma del welfare lombardo: lo spostamento del finanziamentodall'offerta alla domanda. A questo si aggiunga il dato della forte, per non dire drammatica, contrazione delle risorse statali in materia di politiche sociali. Il quadro dei "numeri" è quindi utile alla Regione per dire che occorre razionalizzare e integrare tra loro le risorse per "usare bene ciò che c'è", e che in questa radicale azione di riforma del welfare regionale, i Comuni e il sistema in genere devono sviluppare il proprio ruolo imprenditoriale, a partire, come detto, dall'uso razionale delle risorse esistenti, comprese quelle in capo alle famiglie.
La seconda considerazione attiene alla allocazione delle risorse.
Il totale della spesa pro capite (stima 2009) sia per il sociale che per il sociosanitario ammonta a 1.142,35 €. Di questi, 91,89 € è la spesa sostenuta dagli utenti, 734, 69 € quella erogata dall'INPS (tenendo conto delle considerazioni prima svolte), il resto (315,77) è la somma pro capite spesa da Regione, Province e Comuni. Oltre a chiedersi quanto della spesa dei Comuni dovrebbe gravare sulle Province (integrazione scolastica degli alunni e alunne con disabilità iscritti alle scuole superiori), proviamo a farci questa domanda: i 734,69 € erogati dall'INPS, sono soldi che possiamo considerare disponibili e utilizzabili, o sono invece soldi che le persone/famiglie spendono per il sostentamento, il pagamento dei servizi e di ogni altra cosa serva a mantenere il livello di dignità della propria vita il più alto possibile? Ovviamente la risposta sta già nella domanda, e quindi è ovvio che le somme erogate da INPS sono - in genere - pienamente utilizzate dalle famiglie con disabilità per pagarsi non solo "pezzi" del welfare, ma le spese per il sostentamento del proprio parente. Nessuno contesta la necessità di approfondire il tema dell'allocazione razionale delle risorse, ma è proprio per questo che occorre chiarire che nel nostro caso le risorse messe a disposizione dall'INPS perdono di rilevanza. Cambiano i pesi percentuali tra le diverse fonti di finanziamento del sistema sociale e sociosanitario (primo fra tutti il diverso peso percentuale del concorso alla spesa da parte
degli utenti), e crediamo quindi si imponga, ancora una volta, la necessità di pensare al vasto e variegato mondo della non-autosufficienza in modo articolato, distinguendo le azioni e i servizi rivolti alle persone anziane dalle azioni e dai servizi rivolti alle persone con disabilità orientate, queste ultime, non solo e non tanto al contenimento di un danno biologico, quanto alla riduzione delle discriminazioni e all'incremento delle pari opportunità.
Ancora una volta però registriamo la carenza di dati di ricerca sociale che mettano in evidenza l'incidenza economica della disabilità sul tenore di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Se li possedessimo, saremmo maggiormente in grado non solo di fornire un quadro interpretativo autentico della situazione, ma potremmo con maggiore efficacia proporre un terreno di confronto sui temi dell'allocazione razionale delle risorse e del concorso alla spesa.
La terza considerazione è pragmaticamente orientata al "che fare?".
Come già detto in occasione dell'approvazione del Piano di Azione Regionale, riteniamoinevitabile affiancare alle usuali attività di advocacy, che ANFFAS deve mantenere e forseincentivare, uno sforzo progettuale da parte della nostra rete associativa per affrontare lanuova fase. Il documento della Regione insiste in molti passaggi sullanecessità/opportunità che il sistema di welfare regionale prosegua e concluda il percorso di riforma avviatosi negli anni scorsi:
- oltre allo spostamento del baricentro del welfare dall'offerta alla domanda e al ruolo delnuovo soggetto imprenditoriale (l'impresa sociale), la Regione dice chiaramente che i Piani di Zona devono uscire dal ristretto margine delle politiche sociali da costruire in base alle risorse assegnate (il 6,5%), per riposizionarsi al fine di aumentare la propria competenza, saper negoziare e sapere creare sinergie (collegarsi quindi con gli altri strumenti di programmazione del territorio quali il Piano di Governo del Territorio - PGT - il Piano territoriale degli orari e dei servizi, le linee di indirizzo per le politiche giovanili, i piani integrati locali di promozione della salute, gli Accordi quadro per lo Sviluppo Territoriale - AQST - i Patti territoriali per l'occupazione);
- in tale logica, i Comuni devono sviluppare il proprio ruolo imprenditivo, in primo luogo per intercettare le risorse presenti sul proprio territorio;
- in questo welfare che ancora non c'è, la Regione, nell'arco del prossimo triennio, supporterà iniziative di innovazione in quegli ambiti territoriali che propongano progetti
sperimentali consistenti, che si candidino ad attivare risorse del proprio territorio e chepossano essere oggetto di contaminazione negli altri contesti territoriali della Lombardia;
- le sperimentazioni dovranno porsi l'obiettivo di integrare risorse pubbliche e private e di
attrarre altre risorse del territorio;
- in tutto ciò, il ruolo della ASL, e della Direzione Sociale in particolar modo assumerilevanza proprio nei rapporti con il territorio (un passaggio che conferma e attua le
indicazioni contenute nella DGR in materia di "regole 2011").
Al di là di quanto proposto dalla Regione, crediamo che tutti questi passaggi dovranno farei conti con l'interlocutore/protagonista principale che continua a rimanere il detentore dellescelte finali e che deve fare letteralmente i conti con quello che c'è: il Comune. C'è dachiedersi, in effetti, quanto di questo disegno sia frutto di una co-progettazione svolta insintonia con i Comuni lombardi, o quanto invece sia frutto della effettiva centralitàregionale in materia di welfare. Certo è, in ogni caso, che il grande affresco di riforma delle politiche di welfare compiuto dalla Regione deve e dovrà fare i conti con la realtà dei tagli drammatici delle risorse. Bisognerà quindi capire come realmente si muoverà laRegione sul fronte dei finanziamenti, a partire dall'avvio delle sperimentazioni di cui sopra(con quali risorse saranno finanziate?).
Tutto ciò però appartiene al futuro prossimo venturo, mentre crediamo competa a noi -ANFFAS Lombardia nel suo insieme di Associazioni ed enti gestori - ragionare in terminipragmatici su come divenire soggetti attivi in questo scenario.
Qui ovviamente il dibattito è aperto e quindi ci limitiamo ad elencare alcune "suggestioni":
- trattandosi di programmazione di politiche sociali, e rimanendo nel "campo di gioco"delineato dalla Regione, crediamo che l'ambito di progettazione naturale entro cui definire e proporre iniziative di sperimentazione sia quello che cerca di coniugare le competenze (professionali e organizzative) sviluppatesi nell'ambito dei SAI? con le altrettante competenze sviluppatesi nell'ambito dei servizi alla persona;
- la "suggestione" altro non è se non quella già definita e illustrata all'Assessoratoregionale (dai SAI ai centri per la famiglia) che potrebbe essere ulteriormente ampliata e precisata verso ambiti professionali più specifici (p.e. la valutazione post-diagnosi, laformazione su "ICF e dintorni", l'attivazione di sportelli per la protezione giuridica,
ecc.);
- la sinergia di primo livello dovrebbe essere quindi ricercata, laddove c'è la separazionedelle funzioni, nel rapporto tra Associazione territoriale ed ente a marchio, anche esoprattutto nella ricerca delle risorse economiche aggiuntive a quelle eventualmente a
disposizione da parte pubblica; risorse che dovranno servire a garantire la risposta allageneralità delle persone/famiglie con disabilità intellettiva e relazionale per l'interapertinenza dell'ambito territoriale interessato;
- chi pensa di proporsi come soggetto partner nella sperimentazione crediamo infatti dovrà accettare l'idea di investire nella propria organizzazione - in termini professionali e strumentali - in modo da rendersi appetibile nel rapporto di partenariato con la Pubblica Amministrazione. Chiaro quindi che, considerando la media delle nostre realtà, occorre pensare a dimensioni professionali e organizzative diverse dalle attuali; da qui la necessità di azioni comuni (associazione ed ente gestore) nelle azioni di raccolta fondi
e nella ricerca di partner aggiuntivi, coerenti con la linea associativa e gli obiettivi della programmazione locale.
L'ultima considerazione riguarda i tempi: come sempre, Regione Lombardia ci costringe afare in fretta. Anche se tutto non sarà deciso immediatamente, è legittimo pensare che visiano altri soggetti interessati e forse già pronti a partecipare alla costruzione del nuovowelfare. In tal senso, crediamo non convenga attendere ulteriori sviluppi del quadronormativo, ma procedere da subito con l'avvio del confronto, in modo da favorire le realtàterritoriali nell'assunzione delle scelte.
Marco Faini, Comitato Tecnico Anffas Lombardia
Carla Torsell,i Presidente uscente Anffas Lombardia
Il documento è stato sottoposto all'attenzione dell'Assemblea del 14.1.12, che ne ha preso atto e si è impegnata a discuterlo nei rispettivi Consigli Direttivi, in vista delle prossime Convocazioni dei Tavoli tematici dei Piani di Zona.
Per approfondimenti leggi l'articolo LEDHA