A Scuola di inclusione
Di Luigi Gilberti
Responsabile Servizi Sociali AIAS Milano*
La questione dell'inclusione scolastica o dell'integrazione di soggetti disabili merita - e ha già ottenuto -riflessioni ampie, approfondite e scientificamente fondate. Penso sia opportuno comunque rileggere le esperienze associative sul problema sfruttando la suggestione di alcune parole.
Inclusione
Si tratta di sciogliere l'ambiguità del termine. Un progetto di in-clusione non può "chiudere dentro" nessuno, qualunque livello di complessità scolastica porti con sé. Anzi, chiudere dentro è forse una forte tentazione della scuola che, invece, dovrebbe "aprirsi ed aprire". Dovrebbe collocare nel modo i propri attori che imparano e utilizzano l'apprendere per una migliore qualità della vita e del mondo. Così, in questo senso, i nostri ragazzi e ragazze debbono essere inclusi: cioè far parte degli attori che imparano e migliorano la vita.
Malevolenza
Senza saperlo, spesso con le migliori intenzioni nei progetti di inclusione scolastica "vogliamo male" . Quando i nostri progetti originano da un'attenta analisi di "ciò che manca" e coinvolgono il dover essere degli attori non fanno altro che originare fatica e sottolineare le sconfitte in entrata e in uscita. Possiamo, però, orientarci a progetti benevoli se fondiamo la progettualità, l'organizzazione e la didattica sulla potenzialità degli attori e utilizzare il "qui e ora", i dati di realtà, il criterio della fattibilità e del piacere. Chiunque sceglierebbe di essere incluso per il piacere piuttosto che per il senso del dovere.
Rispetto
Per Umberto Maturana sono sociali "..solo quelle relazioni che si fondano nell'accettazione dell'altro come legittimo altro nella convivenza e che tale accettazione è ciò che costituisce un comportamento di rispetto". Con parole nostre possiamo dire che per questo epistemologo un altro è legittimo quando "va bene così com'è" e che è dentro una tale relazione che: "possiamo sperare si generi il linguaggio". E ancora con parole nostre possiamo dire che se: "io vado bene per te e tu vai bene per me" vale la pena impegnarsi per imparare. L'apprendere, il cambiare ha senso e sviluppa la mia persona, la tua e la nostra relazione. Potremmo denominare i progetti di inclusione scolastica come "progetti di rispetto"
"Quale apprendimento in un progetto di inclusione?"
Se cerco di rispondere correttamente alla domanda sono obbligato a ragionare - insieme - in termini di uguaglianza e diversità. L'unica risposta possibile è:
"Tutto l'apprendimento possibile per tutti".
Nell'inclusione ciascuno impara solo quello che può imparare e il compito pedagogico è quello di impedire che si apprenda di meno. L'obiettivo è uguale (inclusivo?) i contenuti debbono essere diversi.
Un progetto benevolo nei confronti delle allieve e degli allievi ad alta complessità scolastica non può far altro che organizzare, sostenere, facilitare la professionalità di un "sistema che apprende" .
Noi pensiamo, in modo forte, che la professionalità nella scuola è prima quella di apprendere e, solo dopo, quella di far apprendere. Se è così possiamo pensare all'apprendimento di tutti come una con-versazione dove ciascuno - disabile a suo modo - si assumere la responsabilità di "versare con altri" cose vecchie e cose nuove così da trasformarle e stare un po' meglio di prima.
* testo tratto dall'intervento al seminario "Prima della Prima" svolto a Milano il 13 giugno 2006.