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Persone con disabilità

A cura di Ledha

Archivio notizie

06/11/2013

Medicina inaccessibile

Per le donne con disabilità poter usufruire dei servizi di ginecologia e ostetricia è molto complesso per la presenza di barriere architettoniche e non solo. Lo rivela un'indagine del coordinamento Gruppo donne Uildm.

Spesso non riescono nemmeno a entrare nello studio medico: colpa di una rampa di scale o di una porta troppo stretta per far passare la carrozzina. Bisogna poi fare i conti con la mancanza di uno spogliatoio sufficientemente grande, di un lettino ginecologico adatto, di personale medico formato a relazionarsi con una persona con disabilità. Chi se lo può permettere paga per una visita privata (qualche volta a domicilio) mentre troppe donne rinunciano a curarsi. La prevenzione, per tante, resta un miraggio. È quanto emerge dall'indagine condotta dal coordinamento del "Gruppo donne Uildm" su "L'accessibilità dei servizi di ginecologia e ostetricia alle donne con disabilità".

L'indagine ha coinvolto 61 strutture ed enti sanitari pubblici in varie province italiane (dalle grandi città ai piccoli paesi) attraverso appositi questionari mirati a rilevarne l'accessibilità. Precisando però che "il concetto di accessibilità a cui si fa riferimento - si sottolinea nella prefazione alla ricerca - non è quello, ormai datato e restrittivo, di abbattimento delle barriere architettoniche. Ma quello della progettazione universale e del benessere ambientale e relazionale".

Gli ostacoli "fisici", infatti, rappresentano solo una parte del problema. L'indagine rivela, ad esempio, che solo il 42,6% degli enti coinvolti dispone di un CUP (Centro unico di prenotazione), vero e proprio "indicatore di accessibilità" dal momento che facilita l'orientamento degli utenti tra i vari servizi.
Per quanto riguarda gli spazi medici, l'indagine sottolinea che solo il 38,3% delle strutture che effettuano visite ostetrico-ginecologiche dispone di uno spogliatoio abbastanza ampio da consentire il movimento di una donna in carrozzina e di un assistente. E in molti casi lo spogliatoio non garantisce la riservatezza della paziente.

Solo in 17 strutture su 61 (il 28,33%) il lettino per le visite ostetrico-ginecologiche è regolabile in altezza, quindi inaccessibile a chi si trova in sedia a rotelle. Ma solo una struttura sanitaria ha pensato di supplire a questa carenza con un sollevatore. Nella maggioranza dei casi (il 56,6%) ad aiutare la paziente ci sono due infermieri o ausiliari che provvedono ad aiutarla a salire sul lettino per le visite. Carente anche la formazione e la preparazione del personale medico: solo in quattro strutture i medici dichiarano di aver ricevuto una formazione adeguata sulle diverse disabilità (motoria, sensoriale e intellettiva).

"L'accesso ai servizi sanitari è un diritto", concludono i curatori del rapporto. E se ancora oggi molte donne con disabilità non riescono ad accedere ai luoghi e ai servizi sanitari non dipende dal fatto che abbiano una disabilità, "ma dalla circostanza che spesso questi luoghi e servizi sono progettati, realizzati e gestiti male. Assumendo come unico standard di riferimento il paziente sano".
Oltre alla pubblicazione del rapporto, il coordinamento del Gruppo donne UILDM ha anche avviato una raccolta di testimonianze di donne disabili che in prima persona si trovino ad affrontare ostacoli che riguardano questi servizi o che abbiano dovuto rinunciarvi proprio a causa della mancata accessibilità.

 

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