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Persone con disabilità

A cura di Ledha

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21/11/2013

“Autistico, non ti vogliamo in classe”

La denuncia della mamma di un ragazzo iscritto a una scuola paritaria di Lecco. “Dopo la diagnosi non hanno più voluto seguirlo. Ora ha cambiato istituto ma voglio delle scuse”.

Marco (lo chiameremo così) ha frequentato il primo anno di liceo classico in un istituto paritario di Lecco. "Avevamo scelto con cura la scuola, che si presentava come molto attenta alla persona e al suo sviluppo. Pensavamo che una realtà come quella potesse essere la scelta migliore per Marco che, in quel periodo, aveva avuto problemi di salute", spiega Marzia, la mamma di Marco.
Tra alti e bassi, il ragazzo supera il primo anno scolastico in maniera dignitosa. Ma il secondo, già dal mese di ottobre, è un disastro: pur mantenendo immutato l'impegno e le ore di studio, i risultati scolastici di Marco subiscono un crollo in tutte le materie. Non è, come probabilmente pensano alcuni insegnanti, semplice svogliatezza. Pochi mesi dopo arriva una diagnosi spiazzante: disturbo dello spettro autistico ad alto funzionamento. "Qui è iniziato il suo e il nostro incubo - ricorda la mamma - non solo per la diagnosi, che ci obbligava a rivedere tutti i progetti per il futuro. Ma soprattutto per la presa di posizione della scuola che si è rifiutata di venire incontro alle esigenze di nostro figlio".

Di fronte a questa situazione, la famiglia di Marco spera di trovare un sostegno nella scuola e negli insegnanti. Ma non appena viene pronunciata la parola "autismo" il preside decide che per Marco non c'è posto all'interno dell'istituto. Gli insegnanti avrebbero "chiuso un occhio" nel caso in cui il ragazzo avesse deciso di cambiare scuola per aiutarlo ad arrivare a fine anno scolastico. Nulla di più. "Non credevo alle mie orecchie - ricorda Marzia -. Non ho avuto nemmeno il tempo di esporre quelle che avrebbero potuto essere le modalità per aiutare mio figlio nel suo percorso scolastico".

Eppure, come spiega la mamma, Marco avrebbe avuto bisogno solo di un minimo di supporto nell'organizzazione. "Non gli serve un insegnante di sostegno - sottolinea la mamma di Marco -. Ha semplicemente dei problemi di comunicazione. Lui fatica a comprendere i testi di analisi, durante le verifiche non riesce a rispondere se la domanda non è formulata in modo chiaro o se si tratta di quesiti che richiedono una rielaborazione".
Di fronte a questa incomprensibile chiusura, la famiglia di Marco decide per il trasferimento in un nuovo istituto dove, con semplici accorgimenti, il rendimento scolastico di Marco è decisamente migliorato. "Solo un'insufficienza in matematica, ma va molto bene in tutte le altre materie - spiega Marzia -. Segue lo stesso programma dei suoi compagni, senza problemi".

Ora però la famiglia di Marco vuole le scuse da parte dell'istituto che lo ha allontanato senza farsi carico del suo problema. "Sono anche stata accusata di aver voluto trovare a tutti i costi un escamotage per salvare l'anno scolastico di mio figlio - conclude Marzia -.Marco è stato trattato come uno scarto, una persona di serie B inadatta a quella scuola".

 

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