Mantova, protesta dei genitori contro il “vuoto per pieno”
Un gruppo di familiari di ragazzi con disabilità scrive a Regione e Asl per chiedere la revisione della delibera che stabilisce un tetto di 20 giorni d’assenza annui che vengono rimborsati ai CDD.
Basta poco, a un ragazzo con disabilità, per accumulare venti giorni d'assenza all'anno in un CDD. Ci sono i controlli medici periodici e gli appuntamenti per l'analisi per il dosaggio dei farmaci. Oppure può insorgere una crisi epilettica durante la notte, o trovarsi in un periodo critico legato alla patologia. O, semplicemente, un raffreddore "che per loro non è mai un banale malessere. Può portare all'acuirsi della difficoltà di respirazione o di deglutizione". A prima vista, venti giorni d'assenza su un intero anno di frequenza, possono sembrare poca cosa (su un totale di 230 giorni d'apertura rappresentano l'8,7%). E invece non è così.
Per queste ragioni, un gruppo di genitori di ragazzi con disabilità che frequentano dieci CDD di Mantova e provincia hanno scritto a Regione Lombardia e all'Asl per chiedere una modifica della DGR X/1185 del 2013 che fissa un limite di venti giorni del cosiddetto "vuoto per pieno". Ovvero i giorni di assenza degli utenti dei CDD (e di altre strutture residenziali per persone con disabilità, ndr) che vengono comunque remunerate ai centri dalle Asl di appartenenza. "Riteniamo ragionevole chiedere che venga tolto il limite alle assenze o, almeno, che non vengano conteggiate le assenza motivate da bisogni sanitari", chiedono i genitori mantovani nella lettera inviata alla Regione.
"Senza fare del pietismo, ma non dimenticando che i nostri ragazzi sono disabili gravi, molto fragili e vulnerabili, vogliamo metter in luce alcuni esempi che una qualsiasi mattina si possono presentare e farci decidere di non mandare, con il senso di responsabilità, nostro figlio al Centro", scrivono i genitori nella lettera. Bisogna fare i conti, in primis, con le condizioni di salute dei ragazzi, ma anche con un malessere o una malattia del genitore che ogni mattina prepara e accompagna il figlio al centro. Condizioni che portano a superare con facilità il limite dei 20 giorni stabilito dalla delibera "recando in tal caso pesanti conseguenze economiche ai CDD che li ospita".
Inoltre, al di là delle assenze per motivi di salute, capita anche che un genitore voglia prendersi qualche giorno di vacanza col proprio figlio, cosa che spesso avviene fuori dai periodi di chiusura del CDD: difficilmente, un genitore di un ragazzo con disabilità sceglie di andare al mare o in montagna a ferragosto, quando le strutture sono più affollate.
Del resto, i genitori sono i primi a insistere affinché i loro figli frequentino i CDD ed esprimono soddisfazione per la qualità del servizio. " Abbiamo bisogno di loro e dobbiamo poter contare ancora nella qualità del loro servizio - scrivono nella lettera -. La delibera in oggetto, con i suoi vincoli, ci impedisce di agire con libertà nella difesa dei bisogni e dei diritti alla salute dei nostri figli. E, al contempo, ci fa sentire responsabili delle conseguenze economiche che ricadono sul Centro, a causa delle nostre scelte".