A tutela delle persone
LA TUTELA DELLE PERSONE ADULTE CON GRAVI DISABILITÀ
A cura di Daniela Polo
Associazione Oltre noi... la vita
Il raggiungimento della maggiore età fissa il momento a partire dal quale una persona diventa - o si presume diventi - capace di agire, di esercitare cioè autonomamente i propri diritti e di tutelare i propri interessi sia personali che patrimoniali. Può accadere però che un individuo, nonostante il raggiungimento della maggiore età, non sia in grado di badare a se stesso sotto il profilo personale e/o patrimoniale, a causa di una patologia presente fin dalla nascita o di un'infermità della quale sia stato vittima nel corso della vita.
La protezione giuridica di una persona maggiorenne che si trovi in situazione di incapacità di provvedere ai propri interessi, può essere attuata nel nostro ordinamento attraverso tre strumenti: l'amministrazione di sostegno (introdotta con la legge 6/2004 che ha modificato il Codice Civile), l'interdizione e l'inabilitazione (entrambe già previste precedentemente dal Codice Civile agli artt. 414 e ss.).
Tali strumenti prevedono un accertamento delle capacità del soggetto, da parte del Giudice Tutelare (per l'amministrazione di sostegno) o del Tribunale (per l'interdizione e l'inabilitazione).
Le tre misure di protezione hanno diversi effetti sulla capacità di agire:
1. nell'amministrazione di sostegno la persona viene affiancata o sostituita da un Amministratore di Sostegno nel compimento di determinati atti stabiliti dal Giudice Tutelare, pur conservando la capacità di agire per tutti gli altri atti;
2. nell'interdizione, la persona viene totalmente privata della capacità di agire e sostituita da un Tutore nel compimento di tutti gli atti che la riguardano;
3. nell'inabilitazione la persona non può compiere, senza il suo Curatore, gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, mentre può compiere quelli di ordinaria amministrazione.
La figura dell'Amministratore di Sostegno, entrata in vigore il 19 marzo del 2004, ha introdotto una vera e propria rivoluzione copernicana nel mondo della tutela delle persone maggiorenni, rivoluzione che si può ben cogliere nell'art. 1 dove viene affermato che "la legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia, nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente".
L'intervento previsto dall'ordinamento pone al centro dell'attenzione la persona, con le sue difficoltà, le sue piccole o grandi autonomie, le sue debolezze e le sue fragilità. Esso è finalizzato alla protezione della persona nel rispetto delle sue capacità residue e non invece a vietare indiscriminatamente il compimento di atti di natura sia personale che patrimoniale, come può avvenire con l'interdizione o con l'inabilitazione.
Il principio al quale si è ispirato il nostro legislatore e cioè quello secondo il quale per proteggere una persona in difficoltà non le si debba necessariamente togliere la capacità di agire, ma - là dove sia possibile - le si debba dare invece una misura di tutela e cioè il sostegno di un Amministratore.
Lo strumento dell'amministrazione di sostegno permette infatti di dare una risposta adeguata alle esigenze di protezione di ciascun soggetto, consentendo di "cucire" addosso alla persona in difficoltà, un vestito che vada bene solo a lei e non a tutti quelli che siano affetti dalla medesima patologia o che abbiano lo stesso grado di invalidità.
La misura dell'amministrazione di sostegno continua a convivere nel nostro ordinamento con gli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione che il legislatore non ha ritenuto opportuno abrogare.
Recentemente sul punto si è pronunciata la Corte di Cassazione affermando che "...rispetto ai predetti Istituti, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già, al diverso e meno intenso grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del Soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore capacità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all'apprezzamento del Giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle su indicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario, e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie..."
L'Amministrazione di Sostegno si attiva presentando un ricorso al Giudice Tutelare competente per il territorio in cui risiede abitualmente la persona disabile. Il Giudice Tutelare è un organo della volontaria giurisdizione per accedere al quale non occorre il patrocinio legale. Su questo tema ci sono posizioni contrastanti su cui si è espressa recentemente la Corte di Cassazione (10/10/2006 sentenza n°. 6926) affermando il seguente principio: "Il procedimento per la nomina dell'Amministratore di Sostegno (...) non richiede il ministero del difensore, nelle ipotesi (...) in cui l'emanando provvedimento debba limitarsi ad individuare specificamente i singoli atti, o categorie di atti, in relazione ai quali si richieda l'intervento dell'Amministratore; necessitando, per contro, della difesa tecnica ogni qualvolta il decreto che il Giudice ritenga di emettere (...) incida sui diritti fondamentali della persona, attraverso la previsione di effetti, limitazioni o decadenze analoghi a quelli previsti da disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato...".
Il Giudice Tutelare emetterà dopo l'udienza un decreto nel quale saranno indicate le generalità dell'Amministratore di Sostegno, gli atti che è tenuto a compiere e la periodicità con cui è tenuto a rendicontare sulle condizioni di vita e sull'amministrazione dei beni del beneficiario. Questi, conserverà la capacità d'agire per tutti gli atti che non sono richiamati nel decreto.
Nella scelta dell'Amministratore di Sostegno il Giudice Tutelare dovrà preferire il coniuge non separato o la persona stabilmente convivente, il genitore, il figlio o il fratello, il parente entro il quarto grado, la persona designata dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata. In caso non sia possibile nominare uno di questi, il Giudice potrà nominare i legali rappresentanti di enti giuridici pubblici e privati, associazioni e fondazioni.
Non possono ricoprire la carica di Amministratore di Sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in carico il beneficiario.