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Persone con disabilità

A cura di Ledha

Archivio notizie

09/06/2007

Abbattimento barriere: problemi per i contributi

Gerolamo Fontana, presidente UILDM Lecco, prende posizione contro la disposizione della Regione Lombardia che non finanzia più gli interventi contro le barriere negli edifici costruiti dopo il 1989.

di Gerolamo Fontana
Presidente Sezione UILDM di Lecco


La sezione UILDM di Lecco, attraverso la propria attività di tutela di soggetti disabili e relative famiglie, è venuta a contatto con alcune difficoltà legate alla necessità di abbattimento delle barriere architettoniche, in particolar modo in relazione all'accesso ai contributi previsti dalla legge 13/89 e dalla legge regionale 20/02/1989 n. 6.
Le Amministrazioni Comunali, alle quali è affidato dalla Regione Lombardia il compito di una prima istruttoria delle domande di assegnazione dei contributi di cui all'oggetto, non accolgono dette istanza in quanto applicano il "Vademecum della Regione Lombardia", pubblicato nel gennaio 2007, allegato B, che in linea generale stabilisce come non finanziabili gli interventi di rimozione delle barriere architettoniche esistenti negli edifici realizzati successivamente alla data dell'11 agosto 1989. Questo perché successivamente a detto termine tutti gli edifici avrebbero dovuto essere costruiti in conformità a quanto stabilito dalla L. 9 gennaio 1989, n. 13: Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati.
A parere della scrivente sezione, ad una attenta lettura delle disposizioni legislative, emergono due sostanziali distinzioni:
A. eliminazione di barriere architettoniche interne all'alloggio del disabile (barriere orizzontali);
B. eliminazione di barriere architettoniche di accesso dall'esterno all'alloggio del disabile (barriere verticali).
La legge 13/89, la legge regionale 6/89 e loro successive disposizioni attuative, stabilivano tassativamente che gli edifici realizzati successivamente alla loro entrata in vigore dovessero essere privi di barriere architettoniche. In particolare la legge 13/89 all'articolo 1, comma 3, stabilisce che la progettazione debba prevedere la realizzazione di manufatti, o l'installazione di dispositivi, per il superamento degli accessi ai piani superiori (barriere verticali). Pertanto, non prevedeva nessuna prescrizione vincolante per la rimozione delle barriere architettoniche interne agli alloggi di edilizia privata (caso A - mobilità orizzontale interna all'abitazione), mentre dava precise indicazioni per gli spazi e servizi pubblici e di edilizia residenziale pubblica (DPR 503/96 e DM LL 14giugno 1989 n° 236).
La conseguenza è stata che negli edifici di edilizia residenziale privata hanno continuato ad essere realizzati alloggi con barriere architettoniche interne anche dopo l'11 agosto 1989.
A nostro parere, in mancanza di un obbligo prescrittivo, non è ora possibile invocare il diniego alla concessione di contributi per l'eliminazione di barriere architettoniche interne all'alloggio, anche se gli edifici sono stati costruiti dopo il 1989. Pertanto, quando la Regione Lombardia emana un bando per l'assegnazione di contributi, ad esempio per l'adeguamento di servizi igienici, il disabile ha legittimamente il diritto di presentare la domanda e di vedersela valutata come ammissibile.
Diverso approccio invece deve essere affrontato per la situazione B (eliminazione delle barriere architettoniche verticali). In questo caso, effettivamente, la legge 13/89 e la LR 6/89 stabiliscono che i contributi possono essere assegnati esclusivamente per il superamento delle barriere architettoniche in edifici realizzati antecedentemente all'entrata in vigore delle leggi sopra citate, per il semplice fatto che, successivamente, tutti gli edifici pubblici e privati di nuova costruzione, o ristrutturati, dovevano adeguarsi alle norme richiamate.
A nostro parere, però, le norme non hanno previsto due conseguenze negative che sarebbero ricadute pesantemente e ingiustamente sulla persona disabile:

E' appena il caso di sottolineare che mentre questa persona potrebbe non avere alcuna responsabilità nella costruzione dell'edificio, si vedrebbe negare un diritto sostanziale ed oggettivo solo per la negligenza altrui.


Diritto sacrosanto che, in questo caso, vedrebbe la persona disabile precipitare in una condizione pre legge 13/89, quando bastava un deliberato dell'assemblea condominiale per negare la realizzazione di un ascensore o di un servo scala. A nostro parere questa interpretazione della legge vanifica e svuota lo spirito stesso della legge 13/89, vanificando l'effetto della stessa legge.
Da tempo, del resto, la Corte di Cassazione aveva colto la indefettibile connessione tra lo sviluppo della persona umana e la sicura praticabilità dei luoghi, ponendo l'accento sull'esigenza che fosse garantita la possibilità della frequentazione fisica alle varie comunità - familiare, abitativa, di lavoro o di studio - nelle quali può svolgersi la personalità dell'individuo. Si può, inoltre, sottolineare che una diversa interpretazione sarebbe stata di dubbia legittimità costituzionale. (Sentenza delle S. U. 6 ottobre 1979, n. 5172).
Sempre a nostro parere, si può limitare un diritto anche non sostenendo economicamente la possibilità di concretizzare la sua realizzazione.
In base a quanto esposto, riteniamo giusto chiedere un impegno di tutti , ognuno per quanto di competenza, a rimuovere questi ostacoli che, paradossalmente, impediscono la rimozione di altri ostacoli, quali appunto le barriere architettoniche e la completa e funzionale fruibilità delle abitazioni

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