Liberare subito dalla segregazione le persone con disabilitą
FISH - Federazione Italiana Superamento Handicap - lancia una sfida politica, culturale, scientifica e organizzativa sulla segregazione. Per superare quelle strutture che limitano la libertą e i diritti delle persone pił fragili
Per la prima volta il movimento delle persone con disabilità lancia una sfida politica, culturale, scientifica, organizzativa sulla segregazione. Lo ha fatto la FISH – Federazione italiana superamento handicap lo scorso 20 giugno in occasione della “Conferenza di Consenso sulla segregazione delle persone con disabilità” promossa dalla federazione delle persone con disabilità con l’intento di centralità a questo tema così drammatico e al tempo stesso troppo frequentemente considerato marginale o eccezionale”.
La prima sfida è immediata: in Italia persistono servizi e strutture residenziali dove le persone con disabilità e gli anziani non autosufficienti vivono in condizioni segreganti e subiscono trattamenti inumani e degradanti. Il consolidato sospetto che i fatti di cronaca, le indagini delle autorità competenti, le azioni penali rappresentino solo una minima parte delle situazioni vissute impone di chiedere a gran forza una immediata verifica e un impegno politico a chiudere e convertire queste strutture.
In base ai dati più recenti, sono poco più di 270mila le persone con disabilità ospiti dei presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari. Più di otto su dieci (83% del totale) sono anziani non autosufficienti, che nella quasi totalità dei casi vivono in strutture che non riproducono le condizioni di vita familiari.
I casi più gravi di violazione dei diritti delle persone con disabilità ospiti di queste strutture sono finiti sui verbali dell’Arma dei Carabinieri: solo nel 2016 sono stati denunciati 114 casi di maltrattamenti, 68 casi di abbandono d’incapace, 16 di lesioni personali e 16 di sequestro di persona.
Si tratta però solo della punta dell’iceberg. Accanto a questa segregazione brutale e conclamata, infatti, si altre modalità più subdole e ugualmente inumane che non si spingono fino al limite delle condizioni di vita materiali degradanti, dei maltrattamenti e delle violenze.
Separazione, isolamento, contrazione delle elementari libertà individuali sono solo alcuni degli ambiti in cui si concretizzano queste violenze. Perché troppo spesso nei servizi dedicati agli anziani non autosufficienti e alle persone con disabilità prevale una concezione sanitaria e ospedaliera che trasforma chi ne è ospite in “paziente”, “malato” e non più persona con il diritto di vivere normalmente la sua vita e le sue relazioni interpersonali. Dalla Conferenza emerge come queste “residenze totali” siano in particolare rivolte alle persone con limitazioni di natura intellettiva o di salute mentale.
Attualmente i criteri di accreditamento delle strutture sono prettamente incentrati sui requisiti strutturali che non riescono a distinguere i servizi che lavorano per l’inclusione da quelli che si possono definire segreganti. Dalla Conferenza di Consenso emerge la convinzione che i criteri di accreditamento debbano invece riguardare sempre più processi interni alle strutture, focalizzati sulla personalizzazione dei progetti di vita, sui supporti, sulla interazione col territorio e le comunità locali. È ora di modificare anche le impostazioni “finanziarie” centrandole non sulla copertura delle rette e quindi sull’autoconservazione dei servizi stessi, ma orientandole alla definizione delle risorse necessarie alla realizzazione del progetto di vita della persona con disabilità, rendendo esigibile la libertà di scelta della persona con disabilità, favorendo la deistituzionalizzazione e la progressiva crescita dell’autonomia personale.
La Conferenza si chiude quindi con una certezza: si è aperto un cantiere con tre impegnative linee di azione: “liberare” il prima possibile le persone con disabilità che vivono in situazioni inumane e degradanti; individuare con certezza le strutture da ritenere segreganti e quindi da chiudere o convertire, ma anche delineare nuovi modelli inclusivi di servizi e sostegni per l’abitare.
Su questa terza linea di azione la qualificata giuria che ha supportato la Conferenza promossa da FISH ha apprezzato lo sforzo di individuazione dei rischi di segregazione degli attuali servizi residenziali. Ha però suggerito di proseguire nel lavoro di dettaglio rovesciandone la logica, ossia definire indicatori e check list che promuovano la qualità dei servizi per l’abitare, valorizzando il lavoro prodotto dall’Osservatorio Nazionale Disabilità e dalla recente Norma UNI 11010:2016 che fissa appunto indicazioni – finalmente aderenti alla Convenzione ONU – sui “Servizi per l’abitare e servizi per l’inclusione sociale delle persone con disabilità”.
Il lavoro ora prosegue innanzitutto a livello politico e istituzionale con richieste immediate e relative alle emergenze umane. In questo FISH confida di contare anche sul supporto del “Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale” che ha partecipato alla Conferenza annunciando un lavoro di studio e concreta verifica sul tema.
Prosegue anche l’approfondimento tecnico e scientifico su modelli organizzativi, criteri, elaborazioni, con la ricerca di un confronto più stretto anche con Regioni e Comuni.