La Giornata della Memoria: un “viaggio” per ricordare
"Non possiamo permetterci di vivere dopo l’Olocausto senza assumerci la responsabilità di aver capito che noi uomini possiamo sopravvivere solo cercando di aiutarci l’uno con l’altro". Il commento del presidente di LEDHA, Alberto Fontana
È il 27 gennaio, il Giorno della Memoria. Lo sguardo di Andrea, mio figlio, è perplesso quando gli propongo di venire con me nel 1935: “Ma come, cosa ci vengo a fare, sono nato nel 2006?”.
Lo rassicuro, gli spiego che comprenderà e allo stesso tempo gli chiedo fiducia. Non mi soffermo sulla sua legittima domanda, proseguendo e muovendo la leva del tempo. La prima di una delle maledette date che le persone con disabilità devono ricordare è il 18 ottobre 1935, giorno nel quale il governo di Hitler approva la legge sulla salute coniugale. Divieto ai matrimoni e alla procreazione tra e con persone affette da otto patologie, tra cui la mia, la numero sette: grave deformità fisica ereditaria. Il primo atto che diede inizio a una campagna di sterilizzazione e uccisione dei bambini disabili, che partorì il tristemente famoso “Progetto T4”, responsabile della morte solo in Germania di oltre 70mila persone adulte con disabilità.
A un certo punto Andrea mi interrompe e mi chiede: “Cosa centro io con tutto questo?”
Evito di rispondere direttamente e di getto, consapevole di uno scenario ancora troppo impegnativo per lui, penso che sarebbe stato troppo facile rispondere che se l’Uomo avesse continuato nel suo processo di ricerca della perfezione e dell’eugenetica, oggi forse io non ci sarei stato. E quindi nemmeno lui.
Quindi con più calma gli dico che le cose che ha studiato e studierà sulla seconda Guerra Mondiale sono fatti terribili che hanno causato milioni di morti e che la bomba atomica è stato l’apice di come tutte le guerre siano crudeli. Ma l’Olocausto e in particolare la Shoah, è qualcosa di diverso per la storia dell’umanità. È stato il tentativo di cancellare intere categorie di persone, tra cui anche le persone con disabilità, una prima e autentica desolazione della Vita.
Più che un fatto storico dobbiamo considerarlo uno spartiacque fra epoche, cioè qualcosa di memorabile che ha creato nell’umanità un prima e un dopo. L’uomo in quel periodo pensava di aver raggiunto il culmine del progresso, nelle scienze, nella filosofia, nell’organizzazione economica e accecato dal proprio potere, ha dimenticato quanto fosse importante distinguere tra il Bene e il Male.
L’Olocausto è stato l’evento che ha fatto capire all’uomo che la sua libertà di scegliere è fondamentale per la Vita di tutti noi. Abbiamo compreso che il Male è limitante, esclusivo e capace di creare ingiustizie e sofferenze eterne. Invece il Bene è illimitato, inclusivo, portatore di uguaglianza e solidarietà.
Non possiamo quindi permetterci di vivere dopo l’Olocausto senza assumerci la responsabilità sconfinata di aver capito che noi uomini possiamo sopravvivere su questa Terra solo cercando di aiutarci l’uno con l’altro. Se è vero che siamo figli di quel Bene che ha sconfitto l’Odio abbiamo il dovere di continuare a ricordare. Solo coltivando la Memoria in tutte le generazioni presenti e future sarà possibile scongiurare il Male.
Alberto Fontana
presidente LEDHA