Come mi vedi? Il rapporto tra cinema e disabilità
Si è svolto ieri a Milano il convegno di presentazione della Mediateca LEDHA. Oltre 200 i film in catalogo, ma l’obiettivo è quello di creare dibattito e cultura sul tema della rappresentazione della disabilità
“La Mediateca LEDHA è uno dei patrimoni storici della nostra federazione. Per noi è stato come trovare un vecchio baule in soffitta: abbiamo scoperto un contenuto prezioso e abbiamo deciso di metterci mano”, spiega Giovanni Merlo, direttore di LEDHA. Da qui, l’esigenza di rimettere mano a questo patrimonio di pellicole, vhs e Dvd che aveva iniziato ad accumularsi tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta, in occasione del festival “Lo sguardo degli altri”. Una rassegna cinematografica dedicata al rapporto tra cinema e disabilità, che ha avuto quattro edizioni tre il 1982 e il 1998.
In questi mesi, grazie al contributo di Fondazione Cariplo e con il coordinamento dello storico Matteo Schianchi, è stato riorganizzato e catalogato il patrimonio della Mediateca. Il risultato di questo paziente lavoro di riorganizzazione e catalogazione (consultabile sul sito LEDHA) è stato presentato ieri, mercoledì 21 febbraio durante il convegno “La Mediateca LEDHA tra passato e futuro” che si è svolto presso il locale “Rob de Matt” di Milano.
“Tutti i giorni dobbiamo fare i conti con la rappresentazione della disabilità –ha commentato Giovanni Merlo, introducendo la serata-. La rappresentazione dei diritti delle persone con disabilità si accompagna alla rappresentazione di come parliamo della disabilità e di come la raccontiamo”.
“Oggi abbiamo circa 200 titoli sul nostro catalogo, alcuni dei quali sono ormai introvabili. Alcune pellicole che sono state proiettate durante le varie edizioni di Lo sguardo degli altri successivamente non sono più state proiettate in pubblico –ha spiegato Matteo Schianchi, responsabile delle attività di Mediateca LEDHA-. Inoltre stiamo lavorando per arricchire anche il patrimonio librario. Quello che vogliamo fare in futuro è provare a uscire dallo specialismo, provare a costruire dei ragionamenti sulla disabilità e la sua rappresentazione”.
Anche restando solo all’ambito cinematografico basta pensare al successo di film come “Rain man” (con Dustin Hoffman nei panni di una persona con disturbi dello spettro autistico), “Figli di un dio minore” (sordità) o i tanti film americani che raccontano la disabilità attraverso le storie dei reduci (feriti, mutilati o traumatizzati) di guerra. “Rispetto ai media, che solitamente si fermano più alla superficie, la narrazione cinematografica permette di rappresentare realtà lontane dal nostro vissuto, che però alla fine del film diventano un po’ nostre. E ci riesce perché racconta una storia”, ha commentato Maurizio Trezzi, docente Iulm ed esperto di comunicazione sulla disabilità. Perché il rapporto tra cinema e disabilità non nasce con il fortunatissimo “Quasi amici”.
Oggi con il moltiplicarsi di piattaforme e spazi dedicati alla fruizione di serie tv, film e documentari accessibili a un pubblico sempre più vasto è necessario che gli “addetti ai lavori” escano dai propri ambiti di competenza per costruire ragionamenti più ampi e includendo quante più persone possibile: “Quello che mi affascina –ha concluso il presidente di LEDHA, Alberto Fontana- è il fatto che attraverso il cinema emerge il protagonismo delle persone con disabilità. Ma quello che rimane è l’uomo. A prescindere dalle sue condizioni”.