Stranieri con figli con disabilità
A cura di Maria Teresa Persico
All'interno del Servizio di riabilitazione di ANFFAS Milano si è assistito ad un aumento, negli ultimi 10 anni, di famiglie con bambini con disabilità appartenenti ad etnie diverse che oggi rappresentano il 14% circa dell'utenza in carico al servizio.
Partendo da questo dato ci è apparso necessario confrontarci con questi nuovi bisogni in modo da rendere sempre più mirata ed efficace la definizione del Progetto Globale individuale come diritto soggettivo, nell'ambito del processo di presa in carico della persona con disabilità e della sua famiglia.
"La risposta di un modello di servizio riabilitativo ai bisogni della nuova popolazione multietnica in attuazione nel Servizio di ANFFAS MILANO"
Questa realtà ha promosso lo studio "La risposta di un modello di servizio riabilitativo ai bisogni della nuova popolazione multietnica" attuato da un gruppo multidisciplinare di operatori (Ferrario G., Persico MT., Pozzi T., Spada E.).
E' stato preso in considerazione un piccolo campione di 10 soggetti affetti da Sindrome di Down, che hanno iniziato l'attività riabilitativa in età compresa tra 0-3 anni, formato da 5 coppie Madre - bambino di etnia italiana confrontate con 5 di etnie diverse. La scelta è ricaduta sulla Sindrome di Down in quanto risulta ad oggi una delle condizioni patologiche più conosciute ed indagate.
L'obiettivo è stato quello di mettere in correlazione la nostra esperienza di presa in carico fin qui attuata, su bambini nelle prime fasi di sviluppo, con genitori che possono dare ai bisogni dei loro figli una serie di attribuzioni di significato e di comportamenti, differenziati secondo la diversa appartenenza etnica e i modelli di attaccamento sperimentati a cui si riferiscono, che spesso sono tipici della terra di provenienza e connessi alla condizione di immigrati. Lo studio, si è focalizzato sulle madri, perché nonostante i mutamenti nei ruoli di genere, le madri tendono ancora ad avere la responsabilità primaria della cura del figlio, e quindi la maggior parte di loro è sottoposta alle implicazioni connesse alla sua disabilità.
Sono stati studiati:
- Storia ed esperienze passate delle Madri;
- Induzione della tipologia dell'attaccamento adulto;
- Interazione madre/bambino;
- Deduzione tipologia attaccamento di ogni bambino;
- Confronto tra famiglie italiane e famiglie straniere.
Le Madri straniere appaiono, rispetto a quelle italiane, in una situazione doppia di disagio. Alla difficoltà della disabilità del figlio, comune ad entrambi i gruppi, si somma la difficoltà insita nel rapporto con una cultura differente dalla propria e la necessità di integrazione. Questa condizione complessa si manifesta in uno stato di depressione presente in queste donne; una situazione che non favorisce e sostiene quei processi di attaccamento necessari per aiutare il bambino, caratterizzato da un quadro di inerzia dialogica, che richiede al genitore di impegnarsi fortemente per offrire un dialogo attivo in funzione della sua evoluzione.
Lo studio ha evidenziato il grande cambiamento del modello familiare da legami affettivi condivisi, quali quelli della tribù - clan, alla famiglia nucleare tipica della società europea contemporanea. Il Servizio Riabilitativo deve potersi collocare in una dimensione contenitiva e rassicurante, favorire una relazione significativa basata sulla fiducia che possa sollevare od evitare cadute depressive, ricostituendo una sorta di "clan" attraverso una presa in carico globale e precoce .
Alla luce di quanto emerso inoltre, occorre considerare, accanto allo specifico intervento sui problemi del bambino e ai bisogni d' informazione sugli aspetti caratterizzanti la Sindrome, la necessità di offrire un sostegno concreto verso bisogni sociali primari connessi alla vita materiale dell'intero nucleo (permessi, alloggio, cure, sussistenza alimentare...), e favorire l' integrazione alla nuova realtà sociale.
E' scaturita la necessità di riflettere sui modelli relativi alla presa in carico, individuando obiettivi e contenuti prioritari, ma anche individuando gli operatori coinvolti, il tempo e gli strumenti più adeguati. Il risultato ha prodotto un adattamento del modello nella risposta del Servizio, che in un lavoro multidisciplinare, si è così strutturato:
Primo livello: "Ricostruzione del Clan"
- conoscenza dei bisogni,
- precocità pesa in carico,
- risposte primarie ai bisogni del bambino,
- accoglienza situazione/bisogni del nucleo familiare,
Secondo livello: "Costruzione del progetto di presa in carico globale"
- individuazione bisogni del bambino,
- consapevolezza delle dinamiche relazionali,
- costruzione collegamenti,
Terzo livello: "Costruzione del progetto globale individuale"
- monitoraggio interventi multidisciplinari,
- regia del progetto di presa in carico.
Rimangono ancora problemi aperti che ci spingono a continuare in questo sforzo di messa a fuoco di questi nuovi bisogni.
Sono in aumento i bambini nati in paesi stranieri per i quali l'anamnesi è difficoltosa e manca un inquadramento diagnostico precoce.
Aumentano anche le famiglie a composizione mista, con ripercussioni diversificate a seconda delle culture, del diverso significato che può rivestire ciascun genitore nei suoi ruoli maschile o femminile.
Vi è poi la delicata questione del costo degli interventi di approfondimento psico/diagnostico sull'intero nucleo. Interventi necessari per far emergere tutti gli elementi ma in questo momento senza una specifica copertura.
Rimane poi da verificare la possibilità di estendere ad altri servizi il modello di intervento.
Ci sembra quindi di aver soltanto iniziato ad inquadrare gli aspetti di questo nuovo orizzonte che ci conferma come il modello di rete, che risulta fondamentale per rispondere ai bisogni delle famiglie italiane di bambini con disabilità, diventi una condizione indispensabile per rispondere alla complessità delle esigenza delle famiglie immigrate.