Grazie a internet e WhatsApp, come cambia la presa in carico ai tempi del Covid19
In queste settimane la UONPIA di Fondazione Policlinico ha riorganizzato le proprie attivitą cliniche e riabilitative a favore dei propri utenti minori con disabilitą
Garantire la massima continuità di supporto a parenti e famiglie e, al tempo stesso, ridurre al minimo il rischio diffusione del Coronavirus tra utenti, familiari e operatori. Con questi obiettivi, la UONPIA di Fondazione Policlinico ha riorganizzato in queste settimane le proprie attività cliniche e riabilitative. Tutelare gli utenti e, ancor più, i familiari dal rischio di contrarre il Covid-19 è stata considerata la priorità fondamentale, nella certezza che la malattia avrebbe potuto avere conseguenze drammatiche su tutti i componenti della famiglia. Altrettanto importante tutelare gli operatori che, se ammalati, non avrebbero potuto più garantire le attività indispensabili. Trovare un bilanciamento tra queste due esigenze -se possibile potenziando ulteriormente la presa in carico, dato il sovraccarico emotivo e pratico legato alla situazione di emergenza- è stata la sfida più impegnativa.
La UONPIA di Fondazione Policlinico ha deciso di riorganizzare immediatamente la propria attività, garantendo l’assistenza ai pazienti e alle famiglie da remoto: grazie a computer e smartphone abbiamo lavorato per riattivare al più presto i contatti non solo con gli utenti e le loro famiglie. Ma anche con le scuole, i Comuni e le agenzie del terzo settore.
Smartphone e pc per mantenere i contatti
Tutte le prese in carico sono state mantenute e ricalibrate, ciascun genitore è stato contattato: richiamando anche più volte, fino a quando non è stato possibile stabilire un contatto. Era importante far percepire ad utenti e famiglie che l’équipe curante era presente come sempre, ma che avrebbe operato con nuove modalità.
Il punto di partenza per la rimodulazione degli interventi terapeutici, riabilitativi, educativi e di sostegno è stato un approfondito colloquio telefonico (o, dove possibile, in videoconferenza): servivano infatti nuove informazioni, più dettagliate. Ad esempio, per poter garantire un supporto adeguato alla strutturazione della giornata (elemento fondamentale per la gestione a casa a fronte dell’assenza della frequenza scolastica e delle solite routine quotidiane) servivano informazioni precise sugli spazi a disposizione, sul sovraffollamento, sulla presenza o meno di persone anziane in famiglia, sulla situazione lavorativa degli adulti (che determinava il tempo a disposizione, le preoccupazioni organizzative, le sovrapposizioni tra figli e smartworking, le preoccupazioni economiche…), sui possibili eventi gravi in corso nella famiglia allargata, sui materiali a disposizione. Per ciascuna famiglia sono stati individuati e concordati gli strumenti di comunicazione disponibili (Skype, Whatsapp video o voce,…), l’organizzazione e la tempistica delle attività, ed è stato valutato se fosse necessario attivare modalità per recuperare gli strumenti informatici, se insufficienti o saturi per lo smartworking, la didattica a distanza degli altri figli ecc.
Grazie a queste informazioni e attraverso la condivisione del progetto con i genitori (oltre che con gli utenti, dove possibile) è stato possibile garantire continuità agli interventi riabilitativi e terapeutici: dove possibile direttamente con gli utenti, via telefono o videoconferenza, in forma individuale o in gruppo. Oppure, dove questo non è stato possibile, gli interventi sono stati messi in atto con la mediazione degli adulti di riferimento. Anche la frequenza degli interventi è stata rimodulata e condivisa, a seconda del diverso bisogno della famiglia, con una tempistica chiara e non necessariamente corrispondente a quella prevista prima dell’emergenza. Ogni incontro telematico si conclude fissando l’appuntamento successivo. Soprattutto nei primi giorni, è successo spesso di aumentare la frequenza dei contatti e diminuirne la durata, per “aggiustare” giorno per giorno il percorso, monitorando continuamente il ritorno da ragazzi e famiglie.
Maggiore attenzione alle situazioni più fragili
Particolare attenzione è stata dedicata alle situazioni più fragili. Quelle in cui l’isolamento e le limitazioni ai movimenti avrebbero potuto essere più critici dal punto di vista clinico. Penso, ad esempio, alle persone con autismo o con ADHD, agli adolescenti con disturbi psichiatrici gravi, agli adolescenti migranti con disturbi NPIA e in particolare minori stranieri non accompagnati, ai bambini e ragazzi con disturbi motori, in particolare se necessitano di ausili per gli spostamenti, ai bambini con disturbi NPIA e a rischio di maltrattamento o incuria. Fin da subito sono stati individuati quei casi per cui fosse indispensabile prevedere brevi uscite, nelle vicinanze dell’abitazione, per prevenire o gestire le situazioni di crisi ed è stato predisposto un apposito certificato.
Un ulteriore campo di intervento ha riguardato la preparazione di materiali di supporto per famiglie, insegnanti e operatori (reperibili sul sito del Policlinico e su quello del Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa) che potessero aiutarli con la gestione della quotidianità, per la strutturazione della giornata in casa, giochi e tante storie tradotte in simboli o in lingua madre. Oltre che strategie utili per lavare le mani o tollerare l’uso delle mascherine. Appena possibile, sono state riattivate anche le reti con tutti gli altri servizi che normalmente ruotano intorno ai bambini/ragazzi e alle loro famiglie ed in particolare la scuola, per cercare di calibrare insieme le modalità più appropriate per la didattica a distanza ed evitare il rischio di sovraccarico o di esclusione.
Molta attenzione è stata rivolta alla messa in campo di tutte le possibili strategie per la gestione dello stress e alla strutturazione di tempi e spazi di decompressione per ciascuno, in cui le persone possono anche stare da sole. Il benessere e le energie disponibili, soprattutto dei genitori, sono elemento fondamentale per poter reggere questo difficile momento: non è facile ritrovare strategie di resilienza in una quotidianità che è completamente diversa da quella che conoscevamo e senza i nostri usuali supporti. I genitori, i ragazzi ma anche gli operatori devono potersi sentire parte di un progetto che protegge e sostiene, soprattutto quando tutto intorno a noi diventa improvvisamente nuovo e indefinito.
“Smart working” per tutelare gli operatori
Anche le modalità di lavoro sono cambiate in modo radicale: con la maggior parte degli operatori in smart working, si sono resi necessari momenti di raccordo in videoconferenza brevi e molto frequenti per ridefinire gli interventi alla luce della rapidità dei cambiamenti nello scenario complessivo e conseguentemente nei bisogni. Il lavoro, come per tutti, è più che triplicato.
Un passaggio particolarmente importante e delicato è stato cominciare a interrogarci su come supportare ragazzi e famiglie di fronte alla malattia, al ricovero in ospedale o alla morte di persone care, cercando di mettere a disposizione presenza e materiali anche su questo, oltre a raccordarci con i servizi di altri territori, duramente provati dall’epidemia, per metterci a disposizione. Sono sempre state date indicazioni su come poter contattare gli operatori di riferimento in caso di bisogno e sulle modalità di accesso per eventuali urgenze, che hanno continuato ad essere garantite. Raramente però sono stati davvero necessari contatti in emergenza, o introduzione di nuove terapie farmacologiche, a conferma che anche in questo delicato momento prevenire è meglio che curare.
Ciò che prima di questa difficile situazione sarebbe sembrato impossibile sia agli operatori che alle famiglie è diventato in breve tempo non solo fattibile ma anche ben strutturato ed efficace, passando attraverso una rapida ri-definizione dei ruoli all’interno dell’equipe curante e un più frequente coordinamento tra gli operatori. Speriamo che questa emergenza, così drammatica e faticosa, possa davvero diventare un’occasione importante per sviluppare maggiore assunzione di responsabilità collettiva e nuovi modi di lavorare con utenti e famiglie, per ricominciare con uno zaino pieno di nuovi strumenti da utilizzare e limitando al massimo le ricadute negative.
Antonella Costantino, direttore di Unità Operativa Complessa, Fondazione Policlinico