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Persone con disabilità

A cura di Ledha

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28 Ottobre 2024

La discriminazione delle donne con disabilità

di Luisella Bosisio Fazzi

Pubblichiamo il testo dell'intervento durante gli Stati generali della disabilità che si sono svolti a Milano il 17 settembre 2024

All’inizio di questo mio intervento mi preme sottolineare una questione di vitale importanza: la necessità di ricordare a me e a voi che non parlo a nome di tutte le donne e le ragazze con disabilità, ma vi dico semplicemente quello che mi hanno raccontato della loro vita. Il parlare per noi stessi è fondamentale nella nostra cultura. Le donne e ragazze con disabilità, invece, hanno sempre qualcuno che parla per loro. 

La storia e tutte le discussioni sulla vita delle donne e delle ragazze con disabilità -in particolare sui loro diritti sessuali e riproduttivi- sono sempre basate da un punto di vista medico, dal punto di vista della salute/benessere della comunità, da un punto di vista dell’operatore dei servizi, dal punto di vista dei diritti delle donne, e quasi mai dal punto di vista dei diritti delle donne con disabilità.

La storia, gli atteggiamenti e i pregiudizi nella comunità e nella cerchia familiare, hanno stereotipato negativamente donne e ragazze con disabilità, contribuendo così al loro isolamento sociale ed alla loro esclusione. Esse sono quasi completamente ignorate dai media e quando appaiono, l'approccio è quello di trattarle da una prospettiva medica o pietistica e ignorare le loro capacità ed il contributo che possono dare alla società nel suo complesso.

Gli stereotipi e i pregiudizi sulle donne sono una chiara forma di discriminazione, ma quando sono legati alla disabilità e al genere questa forma di discriminazione ha un impatto particolarmente grave sul godimento dei diritti e, nel caso della questione posta da questa Conferenza (l’inclusione, la rappresentanza e la vita indipendente) produce fenomeni di violenza contro le ragazze e le donne con disabilità, viola il loro diritto alla autodeterminazione, al diritto di esprimere un libero consenso informato, alla loro dignità.

Le donne con disabilità, in particolare con disabilità psicosociali o intellettive, non hanno scelta e spesso vengono ignorate e la loro decisione viene sostituita da terzi come rappresentanti legali, tutori, fornitori di servizi e familiari in pieno violazione dei loro diritti. Per questo, le ragazze e le donne con disabilità sono soggette a violenza domestica e sessuale, a marginalizzazione, regolarmente sono soggette a discriminazione nel collocamento al lavoro, nella retribuzione, nell’accesso alla formazione ed alla riqualificazione, alla proprietà, al credito ed a ogni altra risorsa economica e raramente partecipano alle decisioni che le riguardano. Da ultimo, ripeto, sono sottoposte forzatamente alla sterilizzazione e all'aborto e/o ad altre forme di controllo della loro fertilità.

Questi pregiudizi provocano una mancanza di attenzione al fenomeno delle discriminazioni multiple, della partecipazione sociale, dei diritti umani delle ragazze e delle donne con disabilità. Le rendono invisibili nel pensiero comune e non esistono come donne e cittadine.

L’invisibilità è una discriminazione. Non essere viste significa non essere incluse nell’ordine del mondo, non poter essere.

Ma quante sono le donne con disabilità? Le donne con disabilità costituiscono il 16% della popolazione femminile totale nell'Unione europea e il 60% della popolazione complessiva di 101 milioni di persone con disabilità. Ciò corrisponde a circa 60 milioni di donne e ragazze con disabilità; equivalente alla popolazione totale dell'Italia. Un numero considerevole che non giustifica l’invisibilità.

La discriminazione nella pratica quotidiana

Il primo ambito da esplorare per comprendere il fenomeno della discriminazione è quello della raccolta dati affinché la sua conoscenza sia basata su elementi certi e provati. La raccolta di dati disaggregati è essenziale e rappresenta uno strumento importante per la comprensione e il monitoraggio dei fenomeni e per l'individuazione degli interventi politici più efficaci.

Quindi la mancanza di dati è una discriminazione.

Invisibili

Ora mi addentrerei in altri ambiti che vedono sempre le ragazze e le donne con disabilità discriminate.

Inizio dall’Osservatorio sulla condizione delle persone con disabilità che nella nuova formazione voluta dal ministero per le Disabilità è stato eliminato il gruppo di lavoro sulle donne con disabilità e i coordinatori dei cinque gruppi superstiti al rinnovo sono tutti uomini, nessuno con disabilità, nessuna donna con disabilità

Ho citato l’impossibilità ad accedere ai percorsi di giustizia rimarcando la questione della privazione della capacità giuridica che impedisce alle donne con disabilità, sottoposte a tutela, di denunciare e agire in giudizio per le violazioni a cui sono sottoposte. Per le donne con disabilità invece che hanno potuto denunciare, per esempio una violenza subita, nei procedimenti giudiziari sono esposte alla vittimizzazione secondaria e sono esposte ad ulteriori discriminazioni nonché traumi ostacolando l’accertamento della verità processuale. Il tutto grazie a pregiudizi culturali e stereotipi sessisti di cui ne sono piene le aule dei tribunali, i meccanismi, le istituzioni e le politiche progettate per proteggere e sostenere le vittime con disabilità.

Spostandoci nell’area della sensibilizzazione sulla condizione di genere dobbiamo affermare che le campagne di sensibilizzazione e prevenzione, se esistono, non includono o non sono rivolte a ragazze e donne con disabilità, in particolare a quelle con disabilità intellettiva e/o psicosociale e quelle che vivono in istituti. Non ci sono informazioni fornite in formato "facile da leggere" o "facile da capire" e non ci sono riferimenti in video, spot e/o comunicazioni scritte riguardo a situazioni che possono coinvolgere ragazze o donne con disabilità sensoriali, fisiche, intellettive e/o psicosociali.

Le ragazze e le donne con disabilità sensoriali non beneficiano di queste campagne perché le loro disabilità non sono supportate da linguaggi e strumenti adeguati (linguaggio dei segni, sottotitoli, descrizioni audio, formato braille).

Passando all’ambito dell’istruzione il nostro Paese fornisce su richiesta molte informazioni sull'accesso all'istruzione per le donne. Queste informazioni, tuttavia, non sono utili per descrivere e misurare la discriminazione contro le ragazze e le donne con disabilità.

Secondo l’ufficio di statistica del ministero dell'Istruzione, l'accesso ai servizi legati alla prima infanzia (asili nido e scuole dell'obbligo) ha una presenza di bambini con disabilità inferiore alla media (solo il 2,3% rispetto a una presenza del 7% nelle scuole primarie) anche a causa della carenza di personale specializzato in questi servizi. Ci è utile l’ultimo rapporto Istat sui servizi per l’infanzia (anno educativo 2020-2022), dal quale emerge il fatto che i bambini con disabilità in età prescolare (0-3) sono spesso tenuti a casa, un fattore che alimenta la discriminazione e l'isolamento negli anni cruciali dello sviluppo e, soprattutto, fa ricadere il peso della loro cura e educazione sulle madri, con un problema anche di conciliazione tra vita lavorativa e familiare.

In Italia, bambine e ragazze sono significativamente sottorappresentate nei settori delle materie Stem (aconimo che indica le discipline in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico) che rappresentano un'area di crescita del prossimo futuro. Gli studi iniziati in questo ambito rilevano che la discriminazione e gli stereotipi di genere aggravano ulteriormente la situazione delle bambine e delle ragazze che vivono in povertà educativa, scoraggiando il loro interesse per le materie Stem e trasformandosi in mancanza di opportunità di lavoro e di vita. In questi studi sono invisibili le bambine e le ragazze con disabilità.

Sul tema dobbiamo rilevare che dalle esperienze personali di nostre associate il divario è ancora più elevato quando si tratta di donne con disabilità visiva. Un divario che possiamo attribuire in gran parte all'inaccessibilità di testi e materiali e che potrebbe essere superato attraverso la fornitura uniforme di servizi e tecnologie assistive adeguate a soddisfare le esigenze degli studenti e studentesse con ogni tipo di disabilità.

Chiudo il mio intervento parlando della discriminazione sul lavoro.

Tra le donne con disabilità in età lavorativa, solo il 35,1% ha un lavoro, rispetto al 52,5% degli uomini con disabilità, al 64,6% della popolazione maschile e al 45,8% della popolazione femminile. La situazione è ancora peggiore se si considera l'occupazione a tempo pieno: solo il 14,1% delle donne con disabilità ha un lavoro a tempo pieno rispetto al 28% degli uomini con disabilità e al 41,2% della popolazione femminile.

Lo svantaggio occupazionale delle donne con disabilità, insieme alle spese aggiuntive legate alla disabilità per l'assistenza sanitaria, le cure specialistiche, l'acquisto di ausili medici e l'eliminazione delle barriere architettoniche in casa, incidono negativamente sullo status economico delle donne con disabilità, esponendole a un rischio maggiore di povertà e dipendenza dagli altri.

Dati per conoscere il fenomeno; istruzione, lavoro, campagne di sensibilizzazione questi gli elementi importanti per combattere la discriminazione e promuovere l’inclusione, la rappresentanza e la vita indipendente delle ragazze e delle donne con disabilità. E le norme e le politiche?

La discriminazione intersezionale che colpisce le donne con disabilità non viene affrontata in modo coordinato, poiché le politiche e le leggi di genere e le politiche e le leggi sulla disabilità non vengono elaborate insieme, non considerando quindi le esigenze specifiche delle donne con disabilità.

Luisella Bosisio Fazzi, tesoriera LEDHA e membro del comitato donne dell’European disability forum (Edf)

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