Questo sito utilizza cookie. Proseguendo la navigazione si acconsente al loro impiego in conformità alla nostra Cookie Policy.
Informativa estesa         

Persone con disabilità

A cura di Ledha

Archivio opinioni

22 Febbraio 2021

La mutazione genetica della Misura B1 del FNA

di Giovanni Merlo

Sono trascorsi otto anni dall’implementazione della Misura B1 a favore delle persone con gravissima disabilità assistite a domicilio e la misura ha subito una vera e propria “mutazione”. Ecco quale

Correva l’anno 2013. La Giunta Regionale della Lombardia approva due delibere, n. 116 e n. 740. La prima istituisce il Fondo a sostegno della famiglia e dei suoi componenti fragili. La seconda dispone sull’utilizzo del Fondo per la non autosufficienza per l’anno seguente.

L’intenzione, dichiarata dall’allora Assessore alla famiglia e alle politiche sociali, Maria Cristina Cantù è quella di garantire il “diritto alla fragilità”. Regione Lombardia intende utilizzare risorse nazionali e regionali per costruire un nuovo filone di interventi regionali destinato a sostenere la permanenza a casa delle persone definite con gravissima disabilità. Un impegno assunto e assolto, integrando anche in corso d’opera, le risorse nazionali con ulteriori risorse regionali. Un intervento necessario perché, di fronte ad una previsione delle allora ASL di una platea di circa 1.500 beneficiari, le persone che nel 2014 hanno beneficiato di questo supporto sono state 2.274.

A distanza di soli sei anni le persone che risultano in carico alla misura B1 del FNA in Lombardia al 30 novembre 2020 sono 7.106 e 8.524 le persone totali beneficiarie in corso d’anno. Questo incremento è dovuto -come noto- al cambiamento di definizione di “persone con disabilità gravissima” avvenuto nel corso del 2016.

2014-2016, i primi anni di attuazione della Misura

Nei primi tre anni di implementazione del “Fondo”, la Giunta Regionale ha deciso di concentrare questi sostegni alle persone con Sla e altre malattie del motoneurone con deficit gravi e con altre patologie che comportino la “dipendenza vitale e la necessità di assistenza continua nell’arco delle 24 ore (es. Corea di Huntington, forme gravi di distrofia e di miopatia, sclerosi multipla, locked in, ecc.)”. Il concetto di dipendenza vitale comprende quindi persone con disabilità prevalentemente di origine fisico-motorie, fino a quel momento sostanzialmente poco considerate dal sistema sociosanitario e socio assistenziale regionale. Così poco considerate da non rientrare neanche nel sistema di monitoraggio delle Asl.

In questa prima fase il Fondo per la Non Autosufficienza, e in particolare la Misura B1, sostiene interventi sostanzialmente complementari a quelli tradizionalmente erogati dal modello di welfare lombardo attraverso i servizi diurni o residenziali. Non a caso, si fa riferimento ad esso come al “secondo pilastro” del welfare regionale. Grazie a questa misura si estende la capacità di Regione Lombardia di sostenere in modo significativo e continuativo persone con disabilità e nuclei familiari fino a quel momento non raggiunti o poco sostenuti dagli interventi sociosanitari regionali.

Nel primo triennio la popolazione presa in carico dalla misura B1 rimane sostanzialmente stabile passando da 2.274 a 2.646 unità, grazie anche a piccoli interventi di “manutenzione estensiva” della definizione di dipendenza vitale, ovvero del criterio di accesso ai benefici.

Fino al 2016 quindi il modello di welfare sociale per le persone con disabilità che necessitano di maggior sostegno può essere così rappresentato:

Una descrizione sommaria, perché bisogna considerare che il sistema dei servizi ha in carico persone con disabilità con una varietà di situazioni molto ampia e che non tiene conto delle persone con disabilità intellettiva ricettori di interventi e contributi comunali di carattere domiciliare.

Per continuare a leggere l'analisi "La mutazione genetica della Misura B1 del FNA" a firma di Giovanni Merlo, vai sul sito "Lombardia Sociale."

Condividi: Facebook Linkedin Twitter email Stampa