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Persone con disabilità

A cura di Ledha

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15 Marzo 2021

"Minority Reports" uno spazio di discussione sulla disabilità

di Ciro Tarantino

Intervista a Ciro Tarantino, docente all'università della Calabria e componente della Direzione editoriale della collana "Minority Reports – Cultural Disability Studies"

"Il primo numero della rivista 'Minority Reports. Cultural Disability Studies' è stato pubblicato nel 2015 dopo un coinvolgente periodo di gestazione e di ricerca di una casa editrice di rilievo nazionale che non fosse riconducibile ad un circuito settoriale, in modo da sganciare anche dal punto di vista editoriale la disabilità da ogni specialismo; l’abbiamo trovata in Mimesis che ci garantisce qualità e libertà. Con Giampiero Griffo avvertivamo da tempo e con sempre più insistenza l’esigenza di uno spazio nuovo e diverso per il confronto scientifico sui processi sociali di disabilitazione; un luogo in cui la disabilità non si riducesse a tecnicismi e particolarismi, ma fosse il punto di osservazione dei meccanismi sociali di ordine generale. Non trovandolo già disponibile, questo luogo di dibattito ce lo siamo costruito col supporto di tanti amici e colleghi in Italia e all’estero, e col fondamentale sostegno di un rettore aperto all’innovazione e alla sperimentazione come Lucio d’Alessandro, col quale condividiamo la direzione scientifica. Mi piace ricordare che aveva accettato la direzione editoriale Franco Bomprezzi che, purtroppo, non ha potuto vedere la nascita del primo numero.

Qual è la caratteristica principale della rivista?

Se dovessi estrarre il tratto più caratterizzante di questo laboratorio di libertà che è la rivista, oggi direi che risiede nel fatto che in tutti i ruoli -direzione, redazione e comitato scientifico-, insieme alla componente universitaria, sono presenti persone competenti che provengono dai movimenti per i diritti delle persone con disabilità e, in alcuni casi i ruoli si sommano e si confondono. All’inizio dell’esperienza non lo avrei mai detto; quando abbiamo composto l’organigramma, con Giampiero ci sembrava assolutamente scontato oltre che necessario che fosse così, ma se penso alle resistenze che un certo mondo accademico ha manifestato e manifesta nei confronti di questa esperienza umana e scientifica mi pare che la cosa che più turba e rende insofferenti i custodi dell’ortodossia è proprio questa. Ci avvertono come un’anomalia. Direi che fanno bene; lo siamo.

Una piccola curiosità, da dove viene il titolo? C’è qualche legame con il libro di Philip K. Dick?

C’è ben più di un richiamo o un’assonanza. Per tutta una serie di ragioni, c’è una connessione dichiarata e profonda. Come scrivevo nella nota di presentazione in apertura del primo numero: “L’insegna sotto la quale si inscrivono e si avviano questo esperimento e questa esperienza è fin troppo esplicita. È il 1956 quando, nel numero di gennaio di Fantastic Universe, Philip Dick pubblica il racconto Minority Report, ambientato in una società in cui le persone vengono internate in via preventiva, in funzione di un presunto potenziale di deviazione”. Chiudevo, poi, quella nota con parole che provavano a sintetizzare il progetto della rivista e il suo legame col racconto di Dick in questi termini: "Piacerebbe anche a questo nostro gruppo informe contribuire alla stesura di rapporti di minoranza, tramite l’approntamento e il ritrovamento di studi, documenti, scarabocchi, immagini e altri reperti non definibili a priori, poco inclini alla standardizzazione e insofferenti alle discipline; materiali utili per un’analitica delle forze in grado di dar forma al dissenso, lavorare i margini di libertà e immaginare ‘futuri multipli’, diversi e possibili”.

Di che cosa vi occupate negli ultimi numeri?

Il numero 9, che ho curato con Giovanni Merlo, è dedicato all’Economia politica della segregazione. Con Giovanni, nel 2018, avevamo già condiviso la cura del volume La segregazione delle persone con disabilità. I manicomi nascosti in Italia, frutto di una importante ricerca della FISH. In questo numero si approfondiscono quelli che riteniamo i principali fattori che compongono il dispositivo di segregazione delle persone con disabilità. Tutto un insieme di elementi che, sostanzialmente senza un disegno preordinato, convergono, si intrecciano e di fatto restringono la libertà di scelta e la libertà personale delle persone con disabilità: forme di incapacitazione, inesigibilità dei diritti sociali, assurdità di procedure e regolamenti interni delle strutture… Si tratta di una questione che troppo spesso si tende a rimuovere, il che significa che una consistente fetta di società è ancora disposta ad accettare la messa ai margini della comunità di tante persone con disabilità.

Il numero 10, curato da Chiara Volpato e Luca Andrighetto, è invece dedicato al tema della Deumanizzazione, cioè ai modi in cui le società -in maniera aperta e violenta o in maniera sottile e subdola- sottraggono umanità a determinate tipologie di individui. Il numero ne offre un quadro d’insieme e ne ricostruisce alcune forme, come per esempio quelle che investono la donna. Si tratta, come si vede, di una tematica connessa a quella precedente perché le forme di deumanizzazione servono sostanzialmente a compiere, sui soggetti a cui viene sottratta umanità, azioni che altrimenti sarebbero reputate inaccettabili. Riconoscere dove queste forme, soprattutto quelle meno visibili, si annidano è assolutamente indispensabile per contrastarle.

 
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