L’interventismo compassionevole per i malati di SLA
In questi giorni i quotidiani si occupano, in modo comprensibilmente confuso, delle meste vicende legate ai “finanziamenti per i malati di SLA”...
In questi giorni i quotidiani si occupano, in modo comprensibilmente confuso, delle meste vicende legate ai "finanziamenti per i malati di SLA", ai "soldi mancanti per la SLA", ai Fondi che il Governo Monti avrebbe eliminato dal bilancio dello Stato o avrebbe destinato ad altro anziché assicurare l'assistenza ai "poveri disabili colpiti da SLA".
Vediamo di ricostruire la vicenda, assai interessante per comprendere lo spirito che ispira le decisioni che riguardano la pelle delle persone, anche quelle senza SLA.
Nel 2008 (articolo 1, comma 1264, della Legge 27 dicembre 2006, n. 296) viene sperimentalmente istituito il Fondo per la non autosufficienza. L'intento è di fornire sostegno a persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne una dignitosa permanenza presso il proprio domicilio, evitando il rischio di istituzionalizzazione. Nel 2008 è stato finanziato con 300 milioni di euro (400 per il 2009 e per il 2010). Dal 2011 non gode più di alcun finanziamento.
Nel 2009 (Legge 9 aprile 2009, n. 33, articolo 7 quinquies) viene istituto presso il Ministero dell'Economia un fondo per "assicurare il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell'istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi." Gli vengono conferiti 400 milioni di euro. Da notare che non esiste alcun riferimento al sociale né, tantomeno, alla non autosufficienza. Men che meno alla SLA.
Questo stesso fondo è oggetto di un intervento normativo nel 2012, nella norma cosiddetta di Spending Review (Legge 7 agosto 2012, n. 135). L'articolo 23, comma 8, prevede che quel fondo venga incrementato di 658 milioni.
Lo stesso comma prevede che la dotazione del fondo sia usata in via prevalente per l'incremento del fondo per la non autosufficienza.
Quindi diversamente da quanto qualcuno ha affermato: non sono i 658 milioni che devono essere destinati in via prevalente alla non autosufficienza, ma è l'intero ammontare del Fondo che deve essere prevalentemente destinato ai non autosufficienti.
Lo stesso comma precisa una destinazione d'uso: la dotazione del fondo per la non autosufficienza deve essere finalizzata "al finanziamento dell'assistenza domiciliare prioritariamente nei confronti delle persone gravemente non autosufficienti."
Precisazione tautologica del legislatore: "inclusi i malati di sclerosi laterale amiotrofica." (come se i malati di SLA rischiassero di non essere considerati da qualcuno come "gravemente non autosufficienti").
La legge di Spending Review lascia sperare che il Governo Monti abbia l'intenzione di ri-finanziare ciò che il Governo Berlusconi aveva ignorato per tre anni: il Fondo per la non autosufficienza (assieme a tutti gli altri Fondi sociali).
Ma così non è. Il disegno di legge di stabilità (A.C. 5534), all'articolo 8, comma 18, riduce lo stanziamento del fondo di 631 milioni, annullando di fatto l'incremento di 658 previsto dalla legge di Spending Review e, a cascata, tutti i vincoli di destinazione si annullano. Non c'è più nulla di specifico e adeguato per la non autosufficienza.
Ed ecco il gioco delle tre carte.
Tre commi più sotto (comma 21) il disegno di legge prevede un nuovo fondo: 900 milioni presso il Ministero dell'economia.
Con 900 milioni gli obiettivi da soddisfare sono quanto meno ambiziosi: "interventi urgenti a favore delle università, delle famiglie, dei giovani, in materia sociale, per la ricostruzione dei territori colpiti dal sisma dell'Aquila nonché per il sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione."
In Commissione Affari Sociali si tenta disperatamente di emendare quel testo, vincolando quella somma alla spesa sociale e proponendo di rifinanziare la disastrosa situazione dei fondi sociali.
Nella seduta del 25 ottobre 2012 la Commissione Affari sociali ha approvato emendamenti alla Legge di Stabilità che prevedono nuovi trasferimenti ad alcuni Fondi per il solo 2013: il Fondo per le politiche sociali (+450 milioni), il Fondo per la non autosufficienza (+400), il Fondo per la famiglia (+11 milioni), il Fondo per l'inclusione degli immigrati (+100 milioni) e infine il Fondo per il Servizio civile (+20 milioni). L'ammontare totale dei Fondi salirebbe quindi a 1.181,9 milioni per il 2013. La diminuzione rispetto al 2008 è comunque del 53,1%.
Ma si tratta solo di emendamenti che non fanno i conti con il Ministero dell'economia. In realtà quegli emendamenti comporterebbero una spesa maggiore per lo Stato violando il principio delle modificazioni a "saldi invariati".
Che cosa potrebbe succedere ora?
Prima ipotesi: sull'onda delle proteste e dell'emozione suscitata dalla giusta e civile protesta di alcuni ammalati di SLA, si trova un finanziamento specifico che risponda a quelle specifiche esigenze, dimenticando lo stato in cui versino i servizi e i supporti alla non autosufficienza. Probabilmente molti commentatori valuterebbero tale "soluzione" come un successo.
Seconda ipotesi: il Governo assume un impegno transitorio, rimandando a successivi decreti la reale definizione della consistenza dei trasferimenti e l'individuazione dei beneficiari. In questo caso si aprirebbe il problema dell'individuazione degli aventi diritto, giacché nessuna norma indica cosa si intenda con precisione per non autosufficienza.
Terza ipotesi (molto improbabile): Il Governo accetta gli emendamenti della Commissione Affari Sociali della Camera trovando il fabbisogno in altri capitoli di bilancio o rendendo più flessibile il principio dei "saldi invariati."
Comunque vada, e nel pieno rispetto della coraggiosa battaglia degli ammalati di SLA, sta prevalendo un clima di interventismo compassionevole che nulla ha a che vedere con politiche sociali strutturate, adeguatamente finanziate, continuative, intelligenti e sostenibili, che abbiamo sottoscritto a Bruxelles (Europa 2020) ma dimenticato a Roma.