Due notizie.
Una, la più tragica, dice della morte di 14 lavoratori, in un incendio sviluppatosi in una fabbrica, in un paese nella zona a sud ovest della Germania, non lontano da Friburgo.
26 novembre 2012.
Due notizie.
Una, la più tragica, dice della morte di 14 lavoratori, in un incendio sviluppatosi in una fabbrica, in un paese nella zona a sud ovest della Germania, non lontano da Friburgo.
L'altra è come ne danno notizia i media, la maggior parte delle persone morte ha una disabilità.
È a suo modo tragica anche la seconda.
Le parole che descrivono il lavoro delle persone mancano di rispetto, si legge in filigrana che queste persone ci si ostina a far sì che possano lavorare, ma che si tratta di sforzi patetici. Si riportano in un articolo queste parole del coordinatore dei soccorsi, che sento irrispettose e fuorvianti: "Abbiamo a che fare con persone che per natura non possono reagire in modo razionale".
Ci sono le parole che descrivono il modo in cui gli altri si relazionano con i lavoratori con disabilità, che rimarcano relazioni in cui c'è un deficit di reciprocità, in cui c'è un prendersi cura in senso unilaterale, in alcune versioni compaiono anche infermieri pronti a intervenire.
E ci sono poi le parole scelte per dare un nome all'edificio luogo di lavoro: centro, laboratorio, in alcune versioni addirittura istituto, solo in alcuni casi fabbrica, azienda.
C'è anche chi riesce a rinvenire, per la stessa esistenza di questa fabbrica, una situazione di esclusione, un modello tedesco non inclusivo, dice una rappresentante Cgil, mentre da noi, certo, le cose vanno ben diversamente: occupazione piena per tutti, dentro luoghi di lavoro normali, accoglienti, dentro relazioni ricche e diffuse!
Sono un osservatore parziale, certo, ma di questo eden italiano per quello che riguarda l'integrazione sociale e specificamente lavorativa, non mi ero accorto.
Non solo per i lavoratori con disabilità, naturalmente.
Del fatto che probabilmente qualche misura di precauzione fosse andata male, e che i meccanismi anti-incendio non abbiano funzionato a dovere, si dice poco. Sono i lavoratori, con disabilità, che "non reagiscono in modo razionale". Cosa che invece fanno tutti gli altri, certo! In presenza di un fumo denso che invade in un attimo gli spazi. Senti l'aria che ti entra e ti brucia i polmoni e l'ossigeno è scomparso. E non vedi più niente. Il tetto comincia a cadere in pezzi. Noi, gli altri, quelli razionali, ci mettiamo in fila e composti seguiamo i protocolli. Agevolando il lavoro dei coordinatori dei soccorsi.
In questa situazione particolarmente irritante mi suona l'espressione "diversamente abili", che qui da noi è entrata nel lessico istituzionale e fra le persone.
Vorrei che si stesse di fronte a queste tragiche morti con lo stesso rispetto e la stessa determinazione nel chiedere giustizia che si è avuto la forza di tenere in altre morti sul lavoro. Per i morti di Titisee-Neustadt e per i 124 di Dacca, solo pochi giorni prima. E per tutte le persone che si recano al lavoro e non fanno ritorno nelle loro case.
Vorrei che la dignità delle persone non venisse corrosa dalla melassa lessicale e dalle fiamme. Entrambe, in modo diverso, pericolose.
Mi permetto di parafrasare l'espressione che usava sempre Vittorio Arrigoni, "restiamo umani", dicendo "diventiamo pienamente umani", insieme.
Antonio Bianchi
(Coordinamento Bergamasco per l'Integrazione e Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa)