Rsd, dividere gli sforzi per evitare gli aumenti
Come far fronte agli aumenti di spesa nelle Rsd? Attraverso una modulazione della presa in carico e della frequenza.
Capita sempre più spesso che gli enti gestori di Residenze sanitarie per persone con disabilità (Rsd) aumentino in maniera unilaterale le quote sociali. I comuni, dal canto loro, dichiarano l'impossibilità a far fronte a questi aumenti che, inevitabilmente, finiscono col ricadere sulle spalle delle persone con disabilità e, se chiamate dalla persona in questione, delle famiglie.
Come amministratori di sostegno attivi nel sud milanese abbiamo vissuto e viviamo da quattro anni una situazione ormai paradossale. La nostra Rsd di riferimento (gestita fino al maggio 2013 da "Ama Spa" partecipata al 100% dal comune di Rozzano) aveva definito unilateralmente dal 2010, aumenti della quota sociale che si aggirano ad oggi attorno al 20%, passando da 74 euro al giorno (2009) a 89 euro al giorno (2014) per ogni ricoverato. Un problema che, a quanto ci risulta, sia comune ad altri utenti di Residenze sanitarie del milanese che hanno dovuto subire in questi anni un aumento - anche significativo - delle quote sociali.
A rendere più complessa la situazione, il fatto che gli enti gestori abbiano la possibilità di aumentare la quota sociale a carico degli ospiti senza dare una spiegazione alle famiglie o agli amministratori di sostegno. Per questo motivo è importante che Regione Lombardia intervenga prendendo posizione sul tema. Sappiamo che il problema non è di facile soluzione, i tagli ai Fondi Sociali nazionali e regionali rendono sempre più difficile il lavoro degli enti locali. Crediamo però che una soluzione sia possibile.
A nostro avviso, in una logica di welfare comunitario, gli aumenti delle quote andrebbero condivisi con i comuni invianti, con gli ospiti e i loro amministratori di sostegno. Agli aumenti andrebbero affiancati interventi per ottimizzare la gestione e l'efficienza dei servizi erogati. Tutto ciò non è mai avvenuto, e i comuni interpellati si sono sempre difesi dicendo semplicemente che non potevano spendere di più.
Occorre quindi trovare soluzioni nuove. E noi crediamo che sia possibile.
Prendiamo ad esempio il caso di quelle persone con disabilità che, pur essendo ricoverate in Rsd, possono contare su una rete parentale disposta ad accoglierle temporaneamente e per brevi periodi a casa propria. Se il Comune e l'ente gestore garantiscono la loro collaborazione, la presenza della persona con disabilità all'interno della Rsd potrebbe anche essere "modulata" su quattro o cinque giorni di presenza a settimana. In questo modo, unendo le diverse risorse economiche, dei Comuni e degli ospiti, si potrebbe trovare una risposta in grado di soddisfare le esigenze di tutte le parti in gioco.
Un'impostazione di gestione che ha come condizione di partenza la correttezza e la trasparenza delle amministrazioni locali e la valutazione corretta della quota di contribuzione della persona con disabilità.
Guido de Vecchi
fondazione "I care, ancora"
Capofila progetto Ads, territorio Asl 2 Milano