Sulla mancata riforma della sanitā in Lombardia
Del "Libro Bianco" č rimasto ben poco. Spiace constatarlo, ma anche dalle comunitā locali sono venuti solo segni in difesa dell'esistente.
Quel che resta del “Libro Bianco" di Maroni nel testo della riforma sanitaria lombarda è ben poca cosa. I contenuti che avevano acceso una qualche aspettativa (attenzione alle cronicità e alla continuità delle cure, integrazione sociale e sanitaria, collaborazione pubblico privato invece che privato rampante, valorizzazione del personale, obiettivo zero ticket e diminuzione della spesa delle famiglie sulle rette RSA e RSD) sono semplicemente stati rinviati a data da destinarsi.
Fissata la continuità del principio di libera scelta come un mantra e definita la salvaguardia dei perimetri della sanità privata rampante, tutto si è concentrato sulla struttura e sulla governance del nuovo sistema, discussione che a tratti è parsa una bega tra ubriachi.
In questa vicenda molti soggetti hanno dato il peggio di sé. Spiace constatarlo, ma anche dalle comunità locali sono venuti solo segni di difesa dell'esistente, forse nel tentativo ingenuo di difendere i servizi da un probabile ennesimo attacco (tagli lineari). Quindi si è discusso di Ospedali, senza sapere che cosa dovranno fare, di Aziende territoriali, senza sapere che cosa dovranno fare e così via. Nel grande accordo milanese tra maggioranza e opposizioni, accordo che ha consentito una chiusura concordata, pare siano entrate promesse di rimodulazione dei ticket in base al reddito, promesse varie che dovranno essere mantenute e, ultima, una norma transitoria che rimanda la decisione sullo status degli Spedali Civili. L'accordo a questo punto viene giudicato soddisfacente da chi aveva a cuore la salvaguardia dell'autonomia degli Spedali Civili, ma anche da chi ne aveva previsto una diversa funzione. Si diceva che il Civile rischiava di essere declassato e poi che Montichiari doveva essere salvato ed intanto i territori sono stati spartiti come a Yalta.
Questa conclusione ha mandato in secondo piano se non azzerato tutta la discussione sui possibili contenuti innovativi della riforma, rischiando di ridurre a carta straccia anche il lavoro preparatorio e gli accordi che lo hanno formalizzato, compreso quello sottoscritto dal presidente Maroni e dagli assessori Mantovani e Cantù con le Organizzazioni Sindacali nel settembre 2014. Uno spettacolo pietoso ed una grande occasione fino ad oggi sprecata, anche da parte di chi (comunità locali, partiti, operatori e utenti) avrebbe potuto dire qualcosa di più. Dal momento che ancora nessuno sa spiegare il nuovo incrocio tra attuali competenze di Distretto e nuove Aziende Socio Sanitarie Territoriali, è probabile che si andrà avanti ancora a distribuire briciole di risorse sul sociale, come in una lotteria lontana da civili livelli essenziali e cioè da esigibili diritti in capo alle persone.
Assisteremo ad una maggiore integrazione delle risposte ai bisogni plurimi delle persone, oppure al mero trasferimento del costo di prestazioni sanitarie (fino ad oggi coperte dal sistema) a carico delle tasche degli utenti e/o delle comunità locali? A vremo il piacere di conservare come come una medaglia un importante ed autonomo Ospedale al di fuori del quale si sviluppa il deserto dei servizi (costringendo così le persone con l'influenza ad intasare i pronto soccorso delle eccellenze ospedaliere)...oppure…??? Per il momento facciamo i complimenti al cuoco e cioè a Maroni, che per piacere a tutti non ha litigato con nessuno, accontentando tutti nel votare un minestrone, una riforma della sanità totalmente incomprensibile ai comuni mortali (qui il testo integrale).
Luciano Pedrazzani - CGIL Camera del Lavoro di Brescia
Donatella Cagno - Funzione Pubblica Cgil Brescia
Articolo già pubblicato sul sito della Cgil di Brescia