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Persone con disabilità

A cura di Ledha

Archivio opinioni

2 Novembre 2015

Storia di un inserimento “selvaggio”

di Adelmo Riminucci

Sono stato un dei 22mila bambini che tra il 1968 e il 1975 lasciarono le scuole speciali, tra mille difficoltà di inserimento in quella “tradizionale”. Ma oggi, com'è la situazione per gli studenti con disabilità?

“Tra il 1968 e il 1975 le scuole speciali perdono più di 22.000 iscritti: migliaia di studenti con disabilità, su spinta di familiari, operatori sociali ed insegnanti,  vengono quindi  iscritti alle scuole comuni, senza alcuna previsione normativa né particolari attenzioni o sostegni materiali ed educativi”. Nelle pagine del saggio L'attrazione speciale” si racconta anche di quella che venne definita la “fase dell’inserimento selvaggio”. Ebbene, io sono stato uno di quei 22mila “selvaggi” che si sono imposti e/o sono stati catapultati nelle scuole comuni in quegli anni. Io sono nato nel 1965 e quindi ho fatto l’asilo e i primi tre anni di scuola elementare presso la scuola speciale di Orla. Poi, durante l’anno scolastico 1974 -75 sono stato inserito nella scuola elementare della mia zona e ho sempre proseguito nelle scuole comuni.

Non sono stato inserito in quarta elementare ma in terza, perché il programma scolastico seguito nella scuola speciale procedeva più lentamente, quindi è stato deciso di farmi ripetere la terza. Come si legge nel libro, l'inserimento avvenne senza alcuna previsione normativa, né sostegni materiali ed educativi. Ad esempio, per tutto il mio ciclo di studi non ho mai avuto un insegnante di sostegno. Alle Elementari e alle medie, avevo bisogno della macchina da scrivere elettrica (non riuscivo a utilizzare quella meccanica) e non c’era! Mio padre, impiegato alle Posta Italiane, con uno stipendio da fame per quattro persone ha dovuto comperarmi ben due macchine da scrivere elettriche (molto costose all'epoca) una per casa e una per scuola.

Quando alla fine di agosto ho letto una newsletter di Ledha in cui si presentava la recensione del libro, per me è stata una doccia gelata. Ho sempre detto ai miei parenti e amici: “Io ho chiuso le scuole speciali”. E invece no, non era vero. O non è mai stato completamente vero.

Mi ha molto interessato la parte del libro in cui si riportato le parole, le preoccupazioni, le speranze dei genitori. Ci sono alcune frasi particolarmente significative e mostrano molto bene quali sono ancora oggi gli stereotipi di riferimento della società italiana. “Noi avevamo bisogno di essere tranquilli, di non dover lottare per un ora di sostegno”, ad esempio, è una frase molto significativa. Indica una consapevolezza. Il genitore dice: io lo so che mio figlio avrebbe dei diritti esigibili, ma so anche che… le risorse son sempre meno, che l’organizzazione dei servizi spesso è carente, che molto spesso le cose non vanno per il verso giusto. Allora se poi mi dovessi imbattere in situazioni in cui i diritti di mio figlio non venissero rispettati dovrei combattere per ottenerli. E io non sono in grado di fare tutto questo, non ho la forza, non ho la capacità. Voglio fare solo il genitore. Allora preferisco situarmi in disparte, mi metto al riparo in un angolo, in una condizione che non mi espone, non espone mio figlio al verificarsi di queste ingiustizie, una condizione che comunque mi offre dei  servizi che è tutto da verificare se siano migliori o peggiori, inferiori o superiori.      
     
Ma torniamo a quarant'anni fa, al mio inserimento scolastico. È andato bene, è stato positivo, io ero veramente integrato. Partecipavo veramente al gruppo classe. Al pomeriggio, dopo la scuola, mi trovavo con i miei compagni, andavamo insieme all’oratorio, giocavamo insieme.  Alla fine, secondo me, questi sono gli indicatori che ti fanno capire se un inserimento scolastico è ben riuscito o se è solo un assolvimento di leggi. All’epoca, senza leggi di supporto, al di là di tantissimi problemi pratici, c’era una vera e autentica integrazione, partecipazione.

Oggi è migliorata la situazione? Se devo dirla tutta ho paura di no e spero di sbagliarmi. Da una ventina d'anni sono “fuori” dal mondo della scuola (adesso ci sono rientrato in qualità di genitore.. ma questo è un altro discorso). Ma ogni volta che mi capita di ascoltare genitori, operatori e insegnanti che mi parlano del mondo della suola di oggi…, non so perché, ma ho la sensazione di essere stato più fortunato.
Ma com’è possibile che la situazione non sia migliorata? Quante leggi, quante circolari, quante sentenze, quante tavole rotonde, quanti convegni, quante cartellette dei convegni con dentro il programma il libro la Legge del momento. Quante persone sono state coinvolte tra insegnanti, genitori, pedagogisti, professori universitari, sociologi, psicologi, psicomotricisti, architetti, sindacalisti, medici, dirigenti scolastici, presidi, rettori universitari, giornalisti, attori, fisiatri, scrittori,operatori sociali, presidenti di associazioni unioni fondazioni cooperative consorzi…

Credo che 40 anni siano tanti ma, in questo caso, per poter parlare di cambiamento di cultura generale non sono poi  così tanti. Considerando una vita medio-lunga sono mezza vita.. forse ce ne vogliono 80, 160 di anni per riuscire ad incidere nel profondo delle persone. Si però, che fatica! Poi abbiamo la legge migliore del mondo in materia di inserimento scolastico … qualcosa tutto sto lavoro lo ha prodotto. Io sono orgoglioso di questo.   
 
C’è infine un’altra riflessione, se penso all’Europa, che mi pone domande senza risposte precise. Se usciamo dalla scuola ed entriamo nella società ci accorgiamo che questa non è poi così accogliente nei confronti della disabilità. Si, passi in avanti ne abbiamo fatti, è innegabile. Però i parcheggi riservati sono sempre occupati. Se due persone una in carrozzina e una no chiedono un'informazione automaticamente chi risponde guarda in faccia la persona senza disabilità e non l’altro.
In molti Paesi Europei non è così. Sono mediamente un po’ più avanti di noi. Ma com’è possibile? A rigor di logica dovrebbe essere il contrario. Se è vero come è vero che abbiamo la Legge sull’integrazione scolastica migliore del mondo dovremmo essere noi più avanti di tutti. Noi abbiamo integrazione della disabilità nelle scuole comuni, a partire dalla prima infanzia, tutte le altre nazioni europee no. Ma com’è possibile essere più indietro degli altri?
Su quali agenzie educative, su quali leve, agiscono loro? Per aver avuto un risultato migliore non avendo a disposizione la scuola. Credo che queste siano le domande che dobbiamo porci per poter riuscire a fare un lavoro più efficace.

Adelmo Riminucci

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