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Persone con disabilità

A cura di Ledha

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21 Gennaio 2016

Nuovo Isee e criteri di accesso e compartecipazione ai servizi

di Fabio Ragaini

Un'intervista a Marco Faini (Anffas) e Giovanni Merlo (Ledha) sul difficile rapporto tra disabilità e impoverimento delle famiglie.

Affrontare il tema Isee senza indagare  il rapporto tra disabilità e impoverimento delle persone e delle famiglie appare inadeguato. Si ritiene,infatti, che non siano ancora sufficientemente indagati gli elementi sociali ed economici che rendono evidente il nesso tra condizione di disabilità e processi di impoverimento.


Dal vostro punto di osservazione a distanza di quasi un anno dall’entrata in vigore del nuovo Isee, quali sono le principali problematiche che emergono?
In Lombardia questo "primo anno di nuovo Isee" è stato contrassegnato dall'incertezza, come forse un po' in tutta Italia. Da un lato i CAF hanno iniziato a calcolare gli Isee secondo la nuova normativa mentre dall'altra i Comuni si son presi tutto il tempo disponibile per l'approvazione dei nuovi regolamenti. E' evidente come sulla vicenda pesi l'attesa del pronunciamento del Consiglio di Stato sulle sentenze TAR Lazio che hanno considerato illegittime alcune delle principali modalità di calcolo del nuovo Isee, in particolare l'inserimento delle provvidenze economiche nei redditi.  Non tutto è fermo. Infatti, anche su spinta della Regione Lombardia, gran parte dei Comuni hanno deciso di lavorare a livello di ambito sociale per la redazione di un regolamento omogeneo e in questi giorni iniziano a circolare le proposte già approvate o in fase di approvazione da parte delle Assemblea dei Sindaci. Alcuni Comuni hanno invece deciso di approvare comunque un proprio nuovo regolamento.  In vista di questi passaggio abbiamo a suo tempo come LEDHA inviato una lettera a tutti i Sindaci della Lombardia presentando il nostro puto di vista sulla questione e le nostre richieste che per punti sintetizziamo
Dai nuovi regolamenti comunali ci aspettiamo:
1. Richieste di partecipazione alla spesa ragionevoli
2. Regolamenti omogenei negli ambiti sociali
3. Applicazione dell'Isee sociosanitario a tutta la filiera dei servizi per le persone con disabilità maggiorenni
4. Retta sociale omnicomprensiva di tutti i costi, compresi quelli accessori
5. Prevedere soglie di esenzione e di massima richiesta di contributo ragionevoli
6. Definizione della quota di contributo con il sistema della progressione lineare
7. Coinvolgimento delle associazioni delle persone con disabilità nella stesura dei nuovi regolamenti

I  nuovo regolamenti fanno emergere una serie non lieve di criticità. Alcune sono riconducibili alle proposte che non furono accolte dal Legislatore. Solo per citare le più rilevanti:
- non inserire nel calcolo dell’ISR le provvidenze economiche e le somme erogate a titolo di sostegno ai progetti per la vita indipendente e, in generale, le somme connesse all’erogazione di sostegni, servizi, interventi, ecc.
- disporre che l’intera filiera di servizi/prestazioni rivolte a persone con disabilità deve rientrare nelle disposizioni dell’art. 6 comma 2 del DPCM 159/2013 (ISEE ristretto)
- disporre che ciò debba valere anche per i servizi/prestazioni erogate in favore di minori con disabilità (mentre oggi la norma prevede di utilizzare solo l’ISEE familiare).
Altre criticità stanno emergendo non tanto in relazione allo strumento in sé, ma al suo utilizzo:
- in assoluto la criticità più forte riguarda il fatto che nei primi regolamenti sin qui emessi i Comuni non prevedono alcuna soglia di esenzione. Molti Comuni sono infatti preoccupati che il nuovo ISEE provochi una pesante contrazione delle entrate da parte dei cittadini. Non solo, quindi, non prevedono soglie di esenzione, ma in alcuni regolamenti si prevedono delle quote fisse di contribuzione (anche in presenza di ISEE zero) con aliquote elevatissime di contribuzione (anche sino al 35% della retta):
- criticità emergono poi rispetto alla tipologia del servizio (in base alla sua natura socio-assistenziale o sociosanitaria) e quindi al tipo di ISEE da considerare (ristretto o familiare)
- di altra natura sono invece i problemi che nascono nell’ambito dei servizi residenziali e/o abitativi in genere. Qui però il discorso è paradossalmente inverso, nel senso che il nuovo strumento rende potenzialmente la compartecipazione al costo ridotta ai minimi termini creando oggettive difficoltà per i Comuni. Il Legislatore non ha infatti differenziato l’utilizzo delle franchigie tra servizi diurni e servizi residenziali. Mentre nel primo caso occorre difendere strenuamente la “franchigia” come la misura stabilita dal Legislatore per compensare la differenza tra persona con/senza disabilità (e non entriamo qui nel merito se tali valori siano adeguati oppure no), nel caso dei servizi residenziali (purché continuativi e definitivi) occorre dire che la franchigia non ha alcun senso che rimanga nelle disponibilità della persona con disabilità, salvo, ovviamente, la quota per le spese personali che non può essere determinata (a nostro avviso) se non attraverso la redazione del progetto individuale (art. 14, L. 328/2000).

Isee sociosanitario e cosiddetto “nucleo ristretto”. Nel caso di persona con disabilità, in assenza di coniuge e figli, il reddito di riferimento è quello della persona. Un punto, sul quale sembrerebbe non essere stata posta sufficiente attenzione e che invece appare fondamentale è quello relativo ai criteri di compartecipazione e di esenzione. In alcune ipotesi regolamentari si prevedono, ad esempio, compartecipazioni anche valori Isee pari a zero. Sulla questione Ledha Lombardia ha avanzato alcune proposte.  
Riguardo all’ISEE da utilizzare per le prestazioni rivolte alle persone con disabilità occorre dire due cose:
- il DPCM 159/2013 propone una definizione di “prestazione sociale agevolata di natura sociosanitaria” che si presta, oggettivamente, a interpretazioni. In realtà, in sede di confronto preliminare alla sua emanazione, avevamo proposto che nel testo si facesse esplicito riferimento al DPCM 14.02.2001 (in particolare alla tabella A), dove si evince in modo chiaro che sono prestazioni sociosanitarie – ambito disabilità – anche quelle erogate e finanziate interamente dai Comuni (ricordiamo che la norma che ha definito le prestazioni sociosanitarie è l’art. 3 septies del D.Lgs.229/1999 che contempla sia le prestazioni sanitarie di rilievo sociale che quelle sociali di rilievo sanitario),
- nello specifico delle prestazioni, servizi e sostegni erogati a persone con disabilità, riteniamo che la generalità di tali interventi sia da ascrivere alla sfera sociosanitaria, in considerazione della necessità che i due macro-ambiti siano sempre costantemente integrati tra loro, come ampiamente definito sia nella normativa e nelle indicazioni internazionali (ONU e OMS)  e in quelle statali (p.e. programma di azione biennale in attuazione della L.18/2009 – linee di intervento 3 e 6).
Riguardo alle soglie di esenzione vorremmo spostare il discorso da una questione “tecnica” al vero piano di analisi e di discussione: il rapporto tra disabilità e impoverimento delle persone e delle famiglie. Il DPCM 159/2013 ha, in un certo senso, indicato nel sistema delle franchigie il modo per “calcolare” la distanza (in termini di vita materiale) tra persone con/senza disabilità. Giusto o sbagliato che siano sia il metodo (attraverso un decreto) che il merito (attraverso quali criteri si è giunti a dire che la franchigia di 7.000 € è una misura corretta) a noi pare che siano ancora non sufficientemente indagati gli elementi sociali ed economici che rendono evidente il nesso tra condizione di disabilità e processi di impoverimento. Molti Comuni lamentano il fatto che con il nuovo ISEE si sia ampliato il numero degli ISEE nulli (cioè pari a zero). A parte che tutto ciò è da dimostrare, se anche fosse così così proprio questo dato sarebbe la “prova” del duplice nesso di causa/effetto tra disabilità e impoverimento, e proprio per questo motivo diventa evidente la necessità che sia stabilita una soglia di esenzione al di sotto della quale non solo nessuna compartecipazione sarebbe dovuta, ma anzi, al contrario, si renderebbe necessario un sostegno economico per garantire condizioni di vita dignitose. Per questi motivi LEDHA ha ritenuto corretto ripartire dal dato concreto, rilevato da ISTAT, e utilizzare la soglia di povertà assoluta come parametro per definire la soglia di esenzione “corretta” da proporre al confronto con gli enti erogatori.

Nelle specifico ad esempio quali le problematiche che si pongono rispettivamente nei servizi domiciliari, diurni e residenziali?
Sui servizi diurni la questione della soglia di esenzione si impone con grande evidenza, mentre il discorso cambia, oggettivamente, se si parla di strutture e servizi abitativi. In entrambi i casi LEDHA ha assunto pienamente, come punto di partenza dei propri ragionamenti, l’affermazione che la vita della persona con disabilità non si esaurisce con la frequenza di un servizio. Nel caso di un servizio diurno il ragionamento è molto semplice: proprio perché il tempo/vita della persona non si esaurisce con il tempo/frequenza del servizio, è necessario che alla persona rimangano quante più risorse possibili per affrontare dignitosamente la propria vita.
L'applicazione di quanto previsto dal Dpcm 159/2013, che ricordiamo è definito come un LEA (Livello Essenziale di Assistenza), non pone particolari problemi, tranne a quei Comuni che negli scorsi anni avevano incrementato in modo eccessivo le richieste di partecipazione alla spesa dei servizi in capo alle persone con disabilità e ai loro familiari. Quello che a noi appare chiaro è che, in ogni caso, le risorse che si possono ricavare da queste richieste siano limitate e che non possano in alcun modo anche solo contribuire a risolvere la crisi delle finanze pubbliche, che è ormai strutturale e che ha cause di natura culturale e politica.
Un discorso a parte, merita invece, la situazione dei servizi residenziali, dove anche noi riteniamo che sia corretto (anche se il Dpcm non lo prevede) che l'indennità di accompagnamento possa essere utilizzata per contribuire al costo della cosiddetta retta sociale. Una posizione che abbiamo esplicitato anche ai Sindaci lombardi nella nostra famosa lettera. Abbiamo scritto: "Riguardo inoltre ai servizi residenziali continuativi e definitivi, riteniamo sia necessario trovare il modo di superare la criticità del DPCM 159/2013 compiendo una riflessione sull'entità del contributo richiesto, fermo restando la necessità che venga lasciata alla persona una somma che possa garantirle spazi di autonomia e la realizzazione di quanto previsto dal suo progetto individuale". In assoluto, e per tutti i casi in cui il regolamento comunale prevede una compartecipazione al costo, LEDHA ritiene che l’elemento gerarchicamente vincente debba rimanere il progetto individuale, redatto ai sensi dell’art. 14 L.328/2000.

Secondo la vostra opinione e a partire dalla normativa vigente che prevede l’isee come livello essenziale, quale può essere il ruolo della Regione al fine di rendere omogeneo accesso e compartecipazione?
Le Regioni hanno la responsabilità di accompagnare e sostenere l'applicazione del nuovo Isee in modo che possa generare esiti positivi soprattutto in termine di uguaglianza ed equità di trattamento. Fermo restando la possibilità di interventi anche normativi per "migliorare" quanto previsto dal Dpcm 159/2013, le Regioni possono sostenere questo processo sia con azioni di informazione, monitoraggio e formazione in collaborazione con ANCI e le associazioni delle persone con disabilità. Uno sforzo intrapreso anche dalla Regione Lombardia a cui ci sentiamo oggi di chiedere di moltiplicare l'impegno e lo sforzo in questa direzione, soprattutto in queste settimane e mesi in cui stanno venendo alla luce i nuovi regolamenti.

Fabio Ragaini - Grusol
Articolo già pubblicato sul sito www.grusol.it

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