Questo sito utilizza cookie. Proseguendo la navigazione si acconsente al loro impiego in conformità alla nostra Cookie Policy.
Informativa estesa         

Persone con disabilità

A cura di Ledha

Archivio opinioni

27 Gennaio 2016

Perché non sia solo memoria

di Ilaria Sesana

Anche le persone con disabilità furono tra le vittime della follia nazista: il programma di eugenetica "Aktion T4" causò circa 400mila morti. Abbiamo intervistato Matteo Schianchi.

Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche entrarono nel campo di sterminio di Auschwitz. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l'orrore del genocidio nazista. Nei campi di sterminio morirono milioni di ebrei, ma anche Rom e Sinti, omosessuali, cittadini sovietici polacchi e appartenenti ad altre popolazioni slave considerati nel complesso “Untermenschen” (sotto-uomini).
In memoria di quei tragici eventi, ogni anno il 27 gennaio di ogni anno si celebra la Giornata della memoria. 

Milioni di persone (solo gli ebrei furono circa 6 milioni) morirono nei campi di concentramento nazisti. Uno sterminio di massa attentamente pianificato. Uno sterminio preceduto da un’altra strage, organizzata con altrettanta cura e che ha causato la morte di circa 400 mila uomini, donne e bambini nella sola Germania. Persone con disabilità, uomini e donne con disturbi mentali, bambini con ritardi cognitivi vennero sistematicamente “eliminati” con la complicità di medici, infermieri e burocrati nell’ambito dell’operazione “Aktion T4”. Fortemente voluta - tra gli altri - da Adolf Hitler in persona con il folle obiettivo di “purificare il sangue della nazione” e soprattutto risparmiare sul bilancio della sanità sulla pelle di persone considerate improduttive. “Vite indegne di essere vissute”, come venivano considerate già nella Germania degli anni Quaranta. Una frase che è stata utilizzata come sottotitolo del  monologo teatrale di Marco Paolini “Ausmerzen”.


Per riflettere sul senso della Giornata della memoria e sullo sterminio delle persone con disabilità nella Germania nazista, abbiamo intervistato lo storico Matteo Schianchi, già autore del libro "Storia della disabilità. Dal castigo degli dei alla crisi del welfare"

Perché lo sterminio delle persone con disabilità non è stato fermato?
Lo storico americano Theodore Hamerow aveva affrontato la stessa questione per quanto riguarda lo sterminio degli ebrei, all’interno del saggio “Perché l’olocausto non fu fermato?” La notizia dello sterminio, infatti, circolava in Europa e negli Stati Uniti già dal 1942. Secondo Hamerow non fu fermato in primo luogo perché anche le democrazie occidentali erano attraversate da una fortissima ondata di antisemitismo e ciò aveva impedito di prendere misure concrete in soccorso degli ebrei. Negli Stati Uniti, per esempio, si era fatta passare le notizie sullo sterminio per semplice propaganda e la questione ebraica come un problema locale. Inoltre, si poneva il problema della reazione delle altre minoranze qualora si fosse intervenuti solo in favore degli ebrei. Si era in guerra e questa guerra andava combattuta in nome della sicurezza nazionale e non per sottrarre gli ebrei al loro destino. Questa in breve l’argomentazione sostenuta da questo storico e appoggiata da numerosi documenti d’archivio. 

Porre la stessa domanda sul fronte delle persone con disabilità imporrebbe, anzitutto, di fare ricerche in materia. È necessario, anzitutto, conoscere quale fosse il grado di consapevolezza all’epoca di quanto stava accadendo, dentro e fuori dalla Germania. In secondo luogo è necessario capire meglio la macchina burocratica, culturale, propagandistica che ha portato allo sterminio, i consensi, le coercizioni costruite attorno ad essa. Esistevano degli oppositori? Quale era la loro forza, quali le loro argomentazioni? Su tutti questi temi ne sappiamo ancora troppo poco. Per questo è difficile rispondere a questa domanda seriamente, cioè senza retorica, senza scorciatoie e senza slogan, cose che prtroppo abbondano in giorni come questo.

Perché per lungo tempo non se ne è parlato?


Come è accaduto per tutti gli “studi sulla disabilità” sono state le persone stesse coinvolte in prima persona dai temi della disabilità a porre la questione. L’affermarsi di questo approccio è tutto sommato recente. Si è scontrato (e si scontra tutt’ora) con resistenze accademiche e scientifiche e, a sua volta, necessiterebbe di maggiore ampiezza scientifica. Tutto questo ha ritardato il fatto che anche lo sterminio dei disabili fosse un tema pubblico, storico e sociale da conoscere, affrontare e discutere. In pratica, anche su questo fronte si coglie la marginalità dei temi legati alla disabilità.



Perché oggi è importante riproporre momenti di riflessione legati a quel momento storico?


La giornata della memoria ha avuto il merito di sdoganare e far conoscere anche di questo sterminio (come di tutti gli altri stermini). Molti che qualche anno fa non sapevano, oggi sanno. Questo è un buon punto di partenza. Purtroppo, a mio parere, ci si è fermati qui. Proliferano, anche in questo giorno, articoli, dichiarazioni, retoriche da parte di chiunque, ma si fa poca ricerca. Credo proprio di poter dire che questa memoria di un giorno all’anno sia circondata da un disinteresse storico-sociale che non aiuta affatto. Rischia di essere un giorno di consolazione in cui si indicano, facilmente, i nemici (già condannati dalla storia oltre che dai tribunali) ma si va poco in profondità.




Aktion T4 era basato - tra le altre motivazioni - sull’idea del risparmio di risorse pubbliche. Fatte le debite proporzioni, quanto vedi nel presente il rischio che le persone con disabilità vengano considerate “improduttive” e quindi ulteriormente emarginate?


Il binomio disabilità improduttività attraversa la storia delle società umane, non è un’invenzione del nazismo. Continua ad esistere ancora oggi e addirittura le politiche di taglio del welfare e delle politiche sociali in genere rischiano di alimentare questa visione. La questione è cosa si fa per evitare che questa idea continui a proliferare. Secondo me molto poco e dunque non può che continuare ad imperare. È un lavoro lungo, non ci sono bacchette magiche, ma se non lo si comincia mai...




Puoi consigliarci un libro, un film, un saggio su questo argomento?

Oltre al già citato "Ausmerzen" di Marco Paolini, che vale sempre la pena di vedere, io rileggerei Primo Levi. Leggendolo tutto, non soffermandosi semplicemente su qualche frase da trasformare in slogan per mettere a posto il proprio senso civico.

Condividi: Facebook Linkedin Twitter email Stampa