Voci ascoltate quasi per caso
Un uomo ascolta voci sulla disabilità in un giorno qualunque. E si chiede come rispondere.
Prima scena
#primarieMilano metà cinesi metà mongoli
Seguo le primarie del centrosinistra a Milano. Su Radiopopolare, soprattutto, e su Twitter. Il 6 e 7 febbraio circa sessantamila persone residenti nel capoluogo lombardo vanno a votare scegliendo fra i quattro candidati. Fra le persone in coda anche alcune di origine cinese. Poche, rispetto alle presenze in città. Un primo affacciarsi. Alcuni con qualche imbarazzo: la lingua, la non abitudine al voto. Qualcuno forse poco consapevole, ugualmente a mia zia. Quanto basta perché un effluvio di arguti commenti inondi il flusso di Twitter #primarieMilano. Fra questi anche il tweet di cui sopra. Sembrano bastare meno di 140 caratteri per manifestare con evidenza le discriminazioni di cui si è portatori.
Seconda scena
@LiveSpinoza: È davvero commovente vedere come anche una persona con una grave disabilità possa avere una pettinatura da coglione.
@eziobosso: quellor perché mi cerco di pettinarmi da solo.
Festival di Sanremo. Ezio Bosso partecipa con un suo brano al pianoforte. Su Twitter battuta di @MeanCactus, rilanciata da @LiveSpinoza. Bella battuta. Bosso replica, sorprendente e sorridente. Uno scambio sul registro dell’ironia, dell’intelligenza umana che sa considerare il paradosso. E ne ride.
Non solo Dio non esiste, ma provate a trovare un idraulico durante il weekend.
Ma la soddisfazione per la bellezza scambiata non è la reazione prevalente. No. Un esercito di difensori non richiesti interviene pavlovianamente a difendere Bosso. Alcuni, non pochissimi, con parole violente che augurano all’autore del tweet e a chi l’ha rilanciato le peggiori disgrazie, fra cui quella di “assomigliare a Bosso”. Sembra che il riflesso condizionato che ha spinto l’esercito moralizzatore sia stato l’aiuto alla persona indifesa, incapace, in un moto di empatia per soccorrere la fragilità umana. Anzi no, per uno che “nonostante la sua disabilità grave ha suonato meglio di tanti altri”.
Terza scena
Le associazioni dei disabili tornano a chiedere con forza al governo di modificare il nuovo Isee. “Noi ricchi solo per lo Stato”.
Titolo su l’Eco di Bergamo, organo della Curia bergamasca, quotidiano a più ampia diffusione in provincia. Il nuovo Isee è una misura a cui molte associazioni di persone con disabilità hanno portato il loro contributo (proponendo correzioni e integrazioni) per renderlo uno strumento di equità. Con tutti i limiti che ha ogni strumento di lettura della realtà. Intervenendo, infine, anche a chiedere che fra i redditi che contribuiscono al calcolo non venissero computate le cosiddette previdenze, proprio perché elementi di risarcimento per ciò che lo Stato non riesce a proporre in altro modo. La richiesta è stata accolta dal Tar. Questa è la situazione attuale da marzo 2015, il ricorso del Governo non ha ancora ricevuto risposta ufficiale. Naturalmente non tutti sono soddisfatti della legge varata, anche con questa correzione. Il mondo delle persone con disabilità e delle associazioni non è un monolite. Ci sono pareri difformi, legittimi.
Se però sono il rappresentante di un movimento di opinione esiguo o consistente, che ritiene la monarchia la migliore forma di stato per l’Italia non sembra bello che venga intervistato da l’Eco di Bergamo e che questo scriva: “Gli italiani sono per la monarchia”.
Scena finale
Voci che usano la disabilità come insulto. Mongoloide. Voci che bucano i timpani quando le senti. Handicappato. Rispondere? Lasciare cadere? È un bivio che si presenta ogni volta.
Quali elementi per decidere in un senso o nell’altro? La rilevanza dell’interlocutore, il contesto. Se si tratta del vicepresidente del Senato: lasciare cadere. Se dentro la metropolitana, voci fra ragazzi, qualche epiteto che fa da congiunzione: se c’è lo spazio buttare lì una battuta, uno sguardo che inneschi una domanda. Se pronunciata da chi ha potere su chi la riceve: intervenire, duramente.
Voci che rispondono automaticamente, senza capire. Come fa l’Huffington post che titola: “Ezio Bosso contro la "satira" di Spinoza”. Voci prigioniere di una rappresentazione sociale della persona con disabilità come infante. Da proteggere, da assistere, da confinare in luoghi a lei dedicati, da compatire, con cui non ci si misura alla pari, da umani. Tanto buon cuore. Persone cancellate.
Voci che danno credito a chi urla, a chi continua a riprodurre uno schema delle associazioni delle persone con disabilità piagnose, perennemente a bussare alle porte dei potenti col cappello in mano: “Che almeno ci diano le briciole della loro tavola”. Voci che confondono una parte col tutto. E che tolgono voce all’altra parte. “Avete già avuto le vostre prebende, cosa volete ancora? Diritti? Cittadinanza? Partecipazione? Non scherziamo. Avete già avuto”.
Sono convinto che le nostre battaglie debbano sempre essere per i diritti di tutti. Come hanno sempre sostenuto e manifestato con la loro vita Franco Bomprezzi e Carlo Gulminelli. Come i giochi per i bambini installati dal Comune di San Lazzaro di Savena.
Nuovi giochi per tutti i bambini, perché il senso della vita è direttamente proporzionale alla loro felicità. In questi giorni sono stati installati nuovi giochi per bambini con particolare attenzione alla sicurezza e alla fruibilità da parte dei bambini con disabilità.
Battaglie che contemplino, oltre alla conoscenza delle leggi, all’approfondimento culturale serio e profondo, la capacità di leggerezza, di allegria.
Mean Cactus ha scelto di non spiegare la sua battuta. Ne sarebbe risultata stuprata. C’è bisogno di dirlo?
Anche le battute, come le persone con disabilità, vanno rispettate.
Antonio Bianchi