Questo sito utilizza cookie. Proseguendo la navigazione si acconsente al loro impiego in conformità alla nostra Cookie Policy.
Informativa estesa         

Persone con disabilità

A cura di Ledha

Archivio opinioni

8 Ottobre 2016

La strada che abbiamo percorso in un quarto di secolo

di Ettore Marini

Una riflessione per la XXIV Giornata Mondiale della Salute Mentale che si celebra luned́ 10 ottobre.

Si può dire che sia quasi un quarto di secolo che nel mese di ottobre si dedichi una giornata a riflettere sulle vicende legate al disagio psichico.  Ovviamente per gli operatori del settore e coloro che vivono a contatto con le persone che ne sono colpite è un giorno come tutti gli altri, speso a combattere contro le infinite problematiche che questo stato di salute incontra.

Il verbo “combattere” rende meglio l'idea di un qualcosa difficile da ottenere. Ancor più in un periodo in cui le difficoltà non mancano a nessuno. Tuttavia la volontà di ricordare a quelli che non sanno cosa sia il disagio mentale non si deve arrendere.

La vita è spesso severa nello stabilire i meriti di una persona nell'ambito di una comunità. Le bocciature sono momenti difficili da superare: figuriamoci quindi quale può essere lo stato d'animo di chi non viene neppure ammesso a dar prova del suo valore proprio perché il suo disagio psichico lo esclude a priori.
Non sorprende quindi incontrare persone tristi. Saremmo invece sorpresi di quanto un semplice saluto ed un sorriso tolgano loro il bisogno di continuare a cercarli, ad occhi bassi, in terra.

Il disagio mentale si può manifestare in molteplici forme e questo non facilita certo i medici che vogliono capire meglio come intervenire. Oltre a tutto questo non possiamo ancora contare su una psichiatria che operi su norme e criteri univoci. Spesso uguali manifestazioni sintomatiche trovano risposte contrastanti.
Un quarto di secolo è un periodo lungo. Ma forse proprio per questo si possono trovare tracce di un percorso compiuto.

Di sicuro eclatante la diversità delle strutture e personale preposti rispetto ad anni lontani. Meritorio il coinvolgimento e la formazione dei familiari degli utenti. Quello che però appare più incoraggiante è la sempre maggior volontà di chi soffre di questi disagi nel voler essere partecipe nelle scelte terapeutiche.
Può sembrare poco voler sapere dal medico il perché di quella pastiglia o il dosaggio di certe gocce ma è invece la prova di una reazione diversa e attiva rispetto ad una accettazione sedata di una vita da sconfitto.

Ancora più ricca di prospettive la volontà di questi utenti di volersi aggregare per meglio farsi sentire non certo in termini di contrasto di un settore contro un altro, ma proprio per portare ogni individuale "sapere" a disposizione di tutti.  È semplicemente ottenere, in qualsiasi campo si operi, pari dignità.

Ettore Marini
Associazione "Il filo che unisce"

Condividi: Facebook Linkedin Twitter email Stampa