“Supporto organizzativo” all’inclusione scolastica: cambiamenti in vista
La crisi delle Province e della Città Metropolitana ha causato molti problema alla gestione di alcuni dei servizi destinati a sostenere l’inclusione scolastica di quasi 5.000 bambini e ragazzi con disabilità in Lombardia.
La crisi delle Province e della Città Metropolitana ha causato, negli ultimi anni, molti problema alla gestione di alcuni dei servizi destinati a sostenere l’inclusione scolastica di quasi cinquemila bambini e ragazzi con disabilità in Lombardia. A seguito di numerose sollecitazioni, il Consiglio Regionale ha stabilito di assegnare la competenza di queste deleghe in capo alla stessa Regione. Ma solo a partire dal prossimo anno scolastico.
Cosa è quindi destinata a cambiare nella gestione di questi servizi da parte degli enti locali? Molte sono ovviamente ancora le incognite, ma per inquadrare la situazione è necessario fare alcuni passi indietro, per capire come si sia arrivati alla situazione odierna.
Correva l’anno 1977… da allora in Italia tutti i bambini e ragazzi con disabilità hanno il diritto (e quindi il dovere) di andare a scuola come, e con, tutti gli altri alunni e studenti. La legge 104/92 ha ribadito con chiarezza questa prescrizione indicando in modo puntuale i sostegni che le istituzioni pubbliche devono garantire per rendere effettivo questo diritto. Come è noto anche gli enti locali devono fare la loro parte: garantendo innanzitutto “la programmazione coordinata … con altre attività gestite da enti pubblici e privati” e avendo “l’obbligo … di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali”. Un obbligo che non riguarda solo i bambini e ragazzi con disabilità sensoriale ma anche le esigenze di “supporto organizzativo” di tutti gli alunni con certificazione di disabilità (art. 139 D. Lgs. 112/1998) dove, per supporto organizzativo si devono intendere i servizi di assistenza educativa e di trasporto necessari per garantire la frequenza scolastica.
Storicamente è dagli anni Novanta che le Province gestiscono i servizi per l’assistenza alla comunicazione per gli alunni e studenti con disabilità sensoriali, proseguendo una tradizione “storica”, dato che sin dagli anni trenta hanno garantito l’assistenza ai ciechi. Molto più travagliata invece la storia dei servizi di assistenza educativa e del trasporto per gli studenti delle scuole superiori, dove invece il ruolo dei Comuni, anche diversamente dalle prescrizioni normative, è sempre stato molto significativo. La normativa nazionale (legge 59/1997 e D. Lgs. 112/1998, art. 139) stabilisce infatti che il “supporto organizzativo” al diritto allo studio nelle scuole del primo ciclo debba essere compito dei Comuni, mentre nelle scuole del secondo ciclo spetta alle Province. Una contraddizione emersa negli ultimi sei anni, quando un numero sempre maggiore di Comuni, per via delle sempre maggiori ristrettezze dei loro bilanci, hanno iniziato a non sostenere più le spese per i supporti alle scuole superiori, generando un primo forte elemento di conflitto con le Province. Una situazione “risolta” solo nel 2013, grazie a una sentenza del Consiglio di Stato che ha ribadito come assistenza educativa e trasporto per gli studenti delle scuole superiori e dei corsi di formazione professionale spettassero alle Province.
Una funzione che le province lombarde sono riuscite ad assolvere solo grazie a stanziamenti “straordinari” della Regione, con prelievi non ortodossi dal Fondo regionale per l’occupazione dei disabili e, in misura minore, dal Fondo Nazionale per le Politiche Sociali. Risorse poi in gran parte trasferite successivamente ai Comuni per la gestione effettiva dei servizi. Anche gli atti regionali, successivi alla Legge Delrio, hanno confermato questo stato di cose.
L’aggravarsi della situazione e le ricadute sugli studenti con disabilità
Negli ultimi tre anni scolastici la situazione esplode: Città Metropolitana di Milano e gran parte delle Province lombarde, dichiarano la loro impossibilità di far fronte ai loro obblighi a causa del loro stato di dissesto finanziario. Si tratta, è bene ricordarlo, di una questione che investe in Lombardia, secondo i dati presentati da UPL relativi all’anno scolastico 2014-2015, circa 4.800 alunni e studenti per una spesa complessiva di 28 milioni di Euro. Per cercare di far fronte a questa situazione, che non riguarda certo la sola Lombardia, il Governo ha stanziato per il 2016 complessivamente 70 milioni di Euro, di cui 13 destinati alla Regione Lombardia (provvedimento confermato anche per il 2017). Risorse significative ma insufficienti, soprattutto in assenza di ulteriori finanziamenti da parte di Regione Lombardia nel corso del 2016.
In questi anni si son moltiplicati i disagi e i problemi, naturalmente a macchia di leopardo, a seconda delle scelte operate dagli enti locali coinvolti: alcune province sono infatti riuscite a garantire, in qualche modo, i servizi essenziali mentre altre no. In alcuni casi vi sono stati Comuni disponibili a supplire alle carenze di Province e di Città Metropolitana mentre in numero crescente di casi questa disponibilità è venuta progressivamente meno. La novità di questi ultimi anni è che lo stato di crisi dei servizi ha riguardato anche i sostegni in favore degli alunni con disabilità sensoriale, cui fino ad ora i servizi erano stati storicamente garantiti.
In questa situazione alcuni ragazzi hanno dovuto diminuire la frequenza scolastica, altri hanno continuato ad andare a scuola come prima ma senza i supporti necessari; in molti casi le famiglie hanno iniziato a pagare direttamente servizi che, per legge, dovrebbero essere esigibili e gratuiti. Ci siamo trovati di fronte ad un “rimbalzo” di responsabilità fra tutte le istituzioni coinvolte, dove ognuna reclamava di aver fatto quanto nelle sue possibilità e competenze, senza riuscire a risolvere il problema che, invece, andava man mano peggiorando, con un numero sempre maggiori di ragazzi coinvolti. Sono così cresciuti le proteste, gli appelli, i ricorsi (sempre vincenti) delle associazioni fino ad arrivare alla decisione del Consiglio Regionale di assegnare le competenze in materia alla Regione.
Il cambio di competenze: quali cambiamenti all’orizzonte?
Cosa cambia e cosa cambierà, quindi, a seguito della modifica delle leggi regionali? Nell’immediato nulla e questo è il primo problema. Come abbiamo visto nella norma transitoria e finanziaria (articolo 10 della Legge di stabilità regionale) si prevede che la nuova norma entri in vigore a partire dal prossimo anno scolastico. In mancanza di nuove notizie, e soprattutto di nuovi stanziamenti per il momento non previsti nel Bilancio regionale, le situazioni di disagio e di discriminazione di cui sono vittime gli studenti con disabilità sono destinate a permanere e ad aggravarsi. E’ stata dichiarata ufficialmente l’intenzione di Regione di stanziare nuove risorse ad hoc ma, per il momento, a queste comunicazioni non sono seguiti i fatti.
Confidando che le promesse vengano mantenute, proviamo ad alzare lo sguardo e a cercare di capire come la Regione intende interpretare questa sua nuova competenza diretta nei confronti di questi ragazzi con disabilità.
Nella nuova formulazione della Legge 19/2007 viene specificato che la Regione definirà, per la gestione dei servizi “… le modalità di coinvolgimento degli enti locali e dei soggetti del sistema regionale al fine di assicurarne la gestione coordinata” approvando “specifiche linee guida”. L’intenzione sembra quindi quella di continuare a lasciare a Province, Comuni e Città Metropolitana la gestione effettiva dei servizi occupandosi, attraverso l’emanazione di linee guida di garantire una maggiore omogeneità del servizio rispetto ad oggi. Una buona scelta: al netto dei problemi economici abbiamo assistito in questi anni a scelte molto diverse tra territorio a territorio. Vi sono casi di gestione diretta dei servizi, spesso in convenzione con enti di terzo settore, altri di delega alle scuole e altri ancora in cui viene richiesto alle famiglie di assumersi gli oneri dei servizi in cambio di rimborsi di carattere economico. Il primo auspicio è che quindi Regione Lombardia attivi quanto prima gruppi di lavoro per la stesura di queste linee guida, che facciano tesoro di lavoro analoghi svolti in alcuni territori, convocando tutte le parti in causa e quindi le rappresentanze degli enti locali, delle scuole, delle associazioni delle persone con disabilità e degli enti gestori.
Il secondo, sul merito, è che si privilegino scelte di gestione diretta dei servizi, che ne favoriscano l’efficacia e l’integrazione con l’insieme degli interventi educativi e sociali in favore del bambino e del ragazzo con disabilità coinvolto e che evitino alle famiglie di farsi carico di oneri impropri come quello di essere il datore di lavoro di un assistente o di un educatore che lavora all’interno della scuola. Potrebbe essere l’occasione di verificare quali siano gli enti locali che per competenza, dimensione e vicinanza alle famiglie e alle scuole siano meglio in grado di gestire i diversi servizi, fino a ieri in capo alle province. Potrebbe essere l’occasione, anche, per avviare un’ampia riflessione sui contenuti specifici di questi servizi: sul ruolo e funzioni degli assistenti e degli educatori a servizio dei bambini e dei ragazzi all’interno della scuola ma anche su come rendere il viaggio per andare a scuola non un semplice “trasporto”. Analisi e riflessioni non fine a se stesse, ma indispensabili per definire il profilo degli operatori coinvolti, gli elementi essenziali dei servizi da garantire e gli indicatori utili di funzionamento. Premesse indispensabili per valutare l’efficacia degli interventi anche in termini di miglioramento della vita scolastica, e non solo, dei ragazzi coinvolti.
La mutata situazione economica, con la garanzia della responsabilità diretta di Regione Lombardia, dovrebbe garantire un clima maggiormente favorevole per avviare e realizzare questo lavoro e quindi per identificare le migliorisoluzioni sia in termini di efficienza che di efficacia.
A questo proposito è bene mettere in evidenza una possibile criticità nascosta, sempre nell’articolo dedicato alle “Norme transitorie e norma finanziaria”. In particolare nel comma tre in cui si specifica che “Alle spese derivanti dall’articolo 9 si provvede con le risorse statali assegnate a tal fine alla Regione, in applicazione dell’articolo 1, comma 947, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato «Legge di stabilità 2016»). Risulta difficile pensare che Regione Lombardia pensi di far fronte ad un “diritto esigibile” come questo, per definizione non soggetto a vincoli di bilancio, attraverso trasferimenti di provenienza statale, ad oggi, insufficienti e temporanei. Sarebbe un grave errore destinato ad alimentare nuovi problemi, confitti e contenziosi, di cui gli studenti con disabilità e le loro famiglie non sentono alcun bisogno. Ma c’è tempo e modo di evitare questa situazione e finalmente concentrarsi non tanto sull’erogazione economica ma sul modo migliore di rendere effettiva l’inclusione scolastica e sociale di tutti i bambini e ragazzi con disabilità che vivono in Lombardia.
Giovanni Merlo
Articolo pubblicato su LombardiaSociale.it