Primo maggio e persone con disabilità
Solo una persona con disabilità su cinque lavora, spesso con contratti precari e basse qualifiche. Falabella: rivedere politiche e incentivi per una reale inclusione lavorativa
Il lavoro è per tutti un presupposto di dignità. Per le persone con disabilità è anche sinonimo di inclusione sociale e reale partecipazione alla vita delle loro comunità. In occasione del 1° maggio, tuttavia, non si può tacere la profonda esclusione vissuta dalle persone con disabilità che cercano inutilmente lavoro o che disperatamente tentano di mantenerlo o, ancora, che subiscono trattamenti meno favorevoli nel loro quotidiano impiego.
I dati parlano chiaro: la presenza di limitazioni funzionali continua ad esercitare un forte impatto sull’esclusione dal mondo lavorativo. Secondo l’ISTAT, solo il 19,7% delle persone con disabilità nella fascia d’età 15-64 anni risulta occupata: meno di una persona su cinque lavora. E la quota degli inattivi appare più che doppia tra le persone con disabilità rispetto a quella osservata nell’intera popolazione (quasi il 70% contro circa il 31%).
La situazione si aggrava se alla condizione di disabilità si aggiunge anche la differenza di genere: le donne con disabilità risultano più discriminate nel mondo del lavoro sia rispetto agli uomini con disabilità, sia nei confronti delle altre donne senza disabilità. Quanto alle condizioni di lavoro, l’ottava Relazione al Parlamento sull’applicazione della legge 68/99 rileva che “i rischi a cui sono esposte le persone con disabilità riguardano l’assunzione con i contratti di lavoro precario e l’attribuzione di basse qualifiche”.
C’è una urgente necessità di modificare le politiche, i servizi, gli incentivi, i controlli per una reale inclusione lavorativa. A iniziare da ciò che è ancora lettera morta e che FISH continua ad evidenziare, inutilmente, da lungo tempo. “Manca ancora all’appello l’emanazione delle Linee guida per il collocamento mirato, pur previste dal decreto legislativo 151/2015, uno strumento di indirizzo essenziale -sottolinea Vincenzo Falabella, presidente FISH-. Ma manca anche un’altra importante attuazione di quello stesso decreto: la costituzione della Banca dati sul collocamento, strumento fondamentale per il controllo e per le politiche attive. Entrambi gli atti spettano al Ministero del Lavoro cui FISH si rivolge ancora una volta per sollecitarne l’adozione.”
Prosegue Falabella: “Si ricerca e richiede inclusione anche per uscire dal ghetto dell’assistenzialismo. Si invoca una cultura nuova fondata sui diritti umani e sulle pari opportunità, una visione che produca effetti reali e ricadute concrete sulle condizioni di vita di migliaia di persone con disabilità.”